Armin Senoner, record di speedride: “Il lavoro duro è stato ripagato. Ora sull’Everest”
Intervista all’atleta italiano che pochi giorni fa si è lanciato dal Gran Zebrù a 3.859 metri battendo il record mondiale di tale disciplina grazie ad una velocità di 152,9 km/h. Ora andrà in Nepal come elisoccorritore per aiutare gli alpinisti in difficoltà
Armin Senoner pochi giorni fa è riuscito nella sua missione: battere il record mondiale di speedriding, la disciplina che combina l’uso degli sci e una piccola vela da parapendio. Senoner, sciatore professionista e guida alpina, è sceso dalla vetta del Gran Zebrù a 3.859 metri di altitudine, lungo la parete est, raggiungendo una velocità massima di 152,9 km/h.
Senoner ha infranto il vecchio record di Francois Bon di 146,46 km/h. Il primato è stato confermato dalla Federazione aeronautica internazionale con un sofisticato sistema di rilevamento gps.
A pochi giorni dall’impresa lo abbiamo intervistato…
Per chi non lo sapesse, vogliamo dire cosa è, in poche parole, lo Speedride?
Lo Speedride è una nuova disciplina sportiva che si pratica con un paio di sci, una vela, condizioni meteorologiche favorevoli e tanta neve; queste le prerogative perfette. Lo speedride è un nuovo sport estremo che combina due discipline: lo sci ed il parapendio. Il rischio è altissimo ma nonostante ciò in Alto Adige ci sono numerosi atleti che si cimentano in questo sport a dir poco adrenalinico.
Ti ha subito entusiasmato questa disciplina, vero?
Sì, vero. Nel corso degli ultimi anni ho partecipato con successo a diversi contest di speedriding ottenendo numerosi podi in gare internazionali. Sono un atleta ambizioso e in continua ricerca di nuove sfide…
Quindi il record!
Sì, assieme al mio manager Bartolomeus Kohl, ho pianificato il tentativo di battere l’attuale record del mondo di velocità con la vela del francese Francois Bon (146,46km7h). Già nel 2014 abbiamo preso visione di ciò. Ci siamo preparati durante gli ultimi mesi. Dal lato psicologico mi allenavo bene e disciplinato. Per il resto erano da organizzare tante cose – la parte tecnica, organizzativa, infrastrutturale ed erano da rispettare anche delle regole e norme. La FAI – federazione aeronautica internazionale (FAI Fédération Aéronautique Internationale) aveva un ruolo importante per quanto riguarda la ratifica del nuovo record mondiale. Per questo motivo il mio manager Bartolomeus Kohl e l´ufficio della FAI a Lausanne (CH) hanno collaborato per redigere tutte le norme e regole necessarie per la ratifica ufficiale del nuovo record. Dopo una lunga fase di varie ispezioni sono stati collaudati le misure dell´attrezzatura e soprattutto del parapendio. Poi, abbiamo aspettato a lungo visto che il giorno scelto doveva essere quello perfetto. Poi, finalmente siamo partiti presto con la funivia e poi con l’elicottero sino in cima. Poi il via. Sono giunto giù illeso e il lavoro duro degli ultimi mesi è stato ripagato.
Cosa pensavi quando scendevi a 150 km/h dal Gran Zebrù?
Ero molto concentrato nella partenza che per fortuna ha funzionato benissimo e non ho avuto problemi. In volo avevo ottime sensazioni riguardo la vela nuova: precisa, molto sensibile ed estremamente veloce. Ho cercato di volare il più composto possibile proprio per essere più aereodinamico possibile ed avere così una velocità massima più alta. Sicuramente nel primo tentativo ero molto nervoso ed avevo anche un po’ di paura perché era la prima volta che volavo da quella montagna. Una volta in volo, però, tutte queste paure sono sparite e la concentrazione era solo sul fare meno errori possibili e atterrare in tutta sicurezza!
Come hai preparato tale performance?
Per raggiungere tale obiettivo ed arrivare in perfetta forma alla data del tentativo di record, ho lavorato duramente per diversi mesi; infatti, oltre alle svariate conferenze stampa e all’accurata scelta dei materiali, ho seguito un intenso programma di preparazione fisica ed una dieta speciale a base di alimenti Lyo Food.
L’equipaggiamento?
E’ di fondamentale importanza la scelta e la qualità dei materiali. Per volare in sicurezza e vincere l’attrito dell’aria c’è bisogno di una vela piccola, sci leggeri ed abbigliamento tecnico ed aderente. Per coinvolgere più da vicino tutti i sostenitori, il mio manager Bartolomeus Kohl ha organizzato un concorso al quale hanno partecipato più di un centinaio di persone. Il concorso consisteva nel dare l´opportunità a ognuno di disegnare la tuta per il tentativo di record; il disegno vincitore avente i colori e la grafica più originali è stato successivamente cucito su misura per Armin. Alla tuta sono poi stati aggiunti sensori paravalanghe RECCO e GPS in modo da renderla più sicura.
Per quanto riguarda la sicurezza?
Infatti in tutto questo lavoro miracoloso, non è stato assolutamente dimenticato un valore molto importante: la sicurezza al primo posto. Nonostante sia stato preparato tutto nei migliore dei modi, e siano stati scelti solo materiali di altissima qualità, scendere volando più velocemente possibile da una vetta di quasi 4000m non è sicuramente una passeggiata, per questo motivo ho trascorso molti giorni sui ghiacciai di Solda, con lo scopo di acclimatarmi bene e di conoscere meglio il gruppo dell’Ortles. Inoltre sono stato periodicamente in contatto con il soccorso alpino e la scuola di alpinismo Ortler di Solda i quali controllano regolarmente il pericolo di valanghe, le previsioni meteorologiche e l´intensità del vento. Un progetto del genere non richiede solo una buona pianificazione e nervi saldi, ma anche l’ausilio di strumenti elettronici senza i quali il tentativo di record sarebbe quasi impossibile. Ad esempio la velocità è stata rilevata con un dispositivo GPS fornito da www.digitalalps.it.
Ci dici qualcosa sulla tuta che hai indossato?
Non è stata una creazione veloce. È stata un’opera opera realizzata in più settimane: Come detto, nel dicembre 2014, si cercava, tramite un concorso internazionale, il design della tuta. La domanda era: dovrebbe essere come un fulmine giallo o come un`aquila nera? La giuria ha scelto il design del prodotto di Katherina Obletter. La fabbricazione é stata fatta dalla sarta Nadine Latschner di Bolzano. Non si tratta di un modello banale. La selezione dal materiale era fondamentale: impermeabile, elastico e ovviamente anche esteticamente accattivante. Il cosiddetto Softshell è stato corredato con sonde tecnologiche RECCO in caso di valanghe e altre raffinatezze tecniche.
Progetti futuri?
Il prossimo progetto è in Nepal. A fine aprile partirò per il Nepal come elisoccoritore all’Everest, sto lì un mese e opereremo principalmente nel salvataggio di alpinisti in difficolta nella scalata alla cima. Due anni fa partecipai insieme al pilota Maurizio Folini e a Simone Moro al soccorso più alto al mondo di un alpinista nepalese a quota 7800 metri!