Daniele Nardi, intervista dal Nanga Parbat: “Necessari accordi con le altre cordate”

L’alpinista italiano sarà con Alex Txikon ed Ali “Sapdara” sulla via Kinshofer, la stessa che salirono lo scorso anno fermandosi a 300 metri dalla vetta dell’inviolato Nanga Parbat in inverno. Sull’Ottomila pakistano ci saranno diverse spedizioni: “Speriamo che non si crei troppa confusione sulle vie. Non è una cosa buona avere più cordate sulla stessa via d’inverno. La domanda che mi faccio e come possano convivere delle cordate sulla stessa via senza accordi”. Sull’Adventure Game “Monte Bianco” ci ha detto: “Preferisco l’educazione alla montagna che il reality. In generale il programma mi è piaciuto se escludo l’idea che avrei voluto vedere il “romanticismo” e quel senso intimo che la montagna può far scaturire in ognuno di noi”

 

nardinuova

 

E’ la tua quarta volta sul Nanga Parbat. Sembra essere diventata una sfida più con te stesso che con la montagna.

Si, la sfida è più con me stesso. Non devo dimostrare nulla a nessuno ma certamente è una sfida da completare. Le spedizioni passate mi sono servite per accumulare esperienza, non sapevo cosa volesse dire scalare in inverno a 8000m. Vediamo cosa riusciremo a fare quest’anno.

 

Durante l’anno hai mai pensato, sognato a quei 300 metri che mancavano alla vetta?

Tante volte. Sono stati momenti difficili e dove di certezze ce ne sono poche soprattutto quando devi prendere decisioni importanti a quasi 8000m e a 50gradi sotto zero dopo 3 mesi che sei in spedizione. Ci ho ripensato molte volte ma sono arrivato sempre alla stessa conclusione, la vita prima della vetta.

 

Ci sarà affollamento al campo base. Oltre a Simone Moro e Tamara Lunger, ai polacchi, ritroverai i compagni di inizio spedizione dell’anno scorso Elisabeth Revol e Tomek Mackiewicz… Hai sentito o visto alcuni di costoro che ritroverai al campo base?

Ho messaggiato qualche volta con Elisabeth per cercare di chiarirci per i fatti dell’anno scorso. Abbiamo due punti di vista molto diversi.

 

Da quanto si sa solamente i due polacchi Adam Bielecki e Jacek Czech saliranno per la vostra stessa via. Gli altri tenteranno la linea Messner-Heisendle…

Speriamo che non si crei troppa confusione sulle vie. Non è una cosa buona avere più cordate sulla stessa via d’inverno. La domanda che mi faccio e come possano convivere delle cordate sulla stessa via senza accordi. Chi la batte la traccia? Chi la usa? Chi fisserà le corde? In inverno queste cose non dovrebbero succedere. Per questo mesi fa dichiarammo la via di ascensione sperando che ci venisse lasciata la possibilità di tentare in tranquillità.

 

Da tue recenti dichiarazioni, voi seguirete la Kinshofer e non starete a guardare i progressi degli altri. Volete la vetta, ma senza fare competizione con gli altri team…

Volere la vetta non è il mio stile, non so chi può averlo detto. Io ed Alex vogliamo l’esperienza e la soddisfazione di completare quello che abbiamo iniziato l’anno scorso, il resto verrà da se. Non credo che cambi molto fare la prima o la seconda al Nanga nella stessa stagione. Saranno bravi tutti quelli che riusciranno. Certo da un punto di vista storico cambia ma nell’essenza secondo me non cambia nulla.

 

Daniele Nardi

 

A proposito di competizione, è da poco andato in onda in prima serata su Rai Due l’Adventures Game “Monte Bianco”. Lo hai visto? Che ne pensi?

“Monte Bianco” non dà una buona immagine della montagna intesa come romanticismo e come vivere la montagna nel vero senso della parola, però ne fa parlare tanto. Ho visto delle Guide Alpine che si sono sacrificate ed in 5 minuti hanno cercato di spiegare a dei “clienti” come correre in montagna o come fare una doppia e vincere sui minuti. Ho visto dei grandi professionisti all’opera, questo fa ben sperare che la gente capisca che con i tempi dovuti possono scalare anche un 4000m e che quindi possa rilanciare e dare ancora più lustro alla figura della Guida Alpina. Certo non è il modo con cui si va in montagna, questa è l’immagine che avrei preferito non uscisse. Per il resto preferisco “l’educazione alla montagna” che il “reality”. In generale il programma mi è piaciuto se escludo l’idea che avrei voluto vedere il “romanticismo” e quel senso intimo che la montagna può far scaturire in ognuno di noi. Se lo si guarda nel suo contenitore, e cioè come un reality, ho visto un sacco di belle immagini e costruito molto diverso, più forte di tanti altri reality. Peccato che durante la puntata di vetta fossi in viaggio.

 

Avete pianificato la spedizione, i tempi, ecc?

Arriveremo al campo base a fine dicembre a dimostrazione che non abbiamo fretta di andare in vetta. Si stanno accalcando quasi tutti all’inizio dell’inverno. Probabilmente l’anno scorso abbiamo smosso qualcosa.

 

Prima siete andati in Argentina…

Per me è stata una bella esperienza da fotografo d’alta quota ed è stato un modo di fare un po’ di acclimatazione. Anche se quest’ultima non credo che servirà veramente a molto dato che tra spostamenti vari e viaggi a mio avviso andrà per lo più persa. Ma per essere onesti l’abbiamo messa cosi.

 

Tornando al Nanga Parbat, buona parte della via ormai la conoscete anche in invernale tranne quegli ultimi 300 metri dalla vetta. Quali insidie e quali problemi temi?

Quegli ultimi 300m li ho percorso in estate nel 2008. Il fatto è che lì in inverno e di notte è proprio difficile orientarsi e trovare il canale giusto. Vi garantisco che con poca neve d’inverno quel tratto diventa una specie di labirinto. Speriamo bene per quest’anno. Temo i passaggi tra campo2 e campo 3 che sono veramente esposti, la via Kinshofer d’inverno è molto dura e poi gli ultimi 300m , se saranno ghiacciati credo che non saranno scalabili leggeri.

 

Daniele Nardi porta con se l Alta Bandiera dei diritti umani

 

Sei ambasciatore dei diritti umani. Cosa significa conquistare quella vetta per te?

Per salire in vetta significa soddisfazione personale ma anche affermazione dei diritti umani. Porterò con me l’alta bandiera dei Diritti Umani firmata da 18.000 ragazzi che credono in questo mio duplice sogno. Quando mi è stato proposto di essere ambasciatore nel mondo della campagna “Gioventù internazionale per i diritti umani” ho detto subito di sì. Poi è nata l’alta bandiera dei diritti umani. Ogni giorno è una battaglia, perché mi sono reso conto che far sì che i 30 Diritti umani scritti nella “Dichiarazione Universale” non restino solo sulla carta, ma siano anche applicati concretamente è difficile e richiede impegno. L’alpinismo può essere molto utile se riesce ad essere d’esempio. Ho sempre pensato che in montagna di bandiere non se ne dovrebbero portare, per lasciare le vette libere da qualsiasi ideologia, ma l’Alta Bandiera dei Diritti umani per me è troppo importante. Ho capito nel tempo che i Diritti Umani sono “le fondamenta su cui costruire tutto il resto”,  quando ho compreso fino in fondo questa frase mi sono illuminato, spero che accada anche ad altre persone e che decidano di sostenere la campagna.

 

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