Lago Cadagno, nuova scoperta sui due strati d’acqua sovrapposti
Unicum europeo, è oggetto di importanti studi internazionali. Per i ricercatori il bacino non emette metano a causa di proteobatteri
Il lago di Cadagno, in Leventina, continua a stupire. Arriva una nuova scoperta sull’invaso già noto a livello internazionale per avere due strati di acque sovrapposti che non si mescolano mai a causa delle loro proprietà chimiche (meromissi). Uno studio realizzato da ricercatori svizzeri e tedeschi ha evidenziato, infatti, che il bacino, non emette metano grazie all’intervento di proteobatteri che lo degradano in profondità.
La sua meromissi crenogenica ne fa un unicum in tutta la regione europea. Questa caratteristica, di avere praticamente nello stesso specchio d’acqua due laghi sovrapposti che non si mescolano mai, ne fa oggetto di una costante osservazione da parte del Centro di biologia alpina di Piora sorto nelle vicinanze del lago. In questo centro si alternano annualmente più di 2000 ricercatori provenienti da tutta Europa e dagli USA, per studiare il fenomeno in loco.
Il lago ha una profondità di circa venti metri, la parte superiore è composta da acque limpide e dolci profonde circa 8 metri. La parte inferiore è composta da acqua a forte concentrazione salina che non permette praticamente lo sviluppo di alcuna forma di vita per presenza di acido solfidrico (H2S) e altri composti altamente tossici. Tra i due strati, cioè al chemoclino, per uno spessore di circa due metri vi è uno strato di acqua dalla forte colorazione rossa. La colorazione è data dalla presenza in questo strato del batterio Chromatium okenii.
Il lago non è alimentato da immissari di superficie importanti ma da sorgenti d’acqua sulfurea poste sul fondo. A differenza dei mari, i laghi contribuiscono in misura significativa all’emissione di metano, uno dei gas responsabili dell’effetto serra. I bacini con le acque ben miscelate ne producono di più, al contrario di quelli che hanno in profondità strati privi di ossigeno, come a Cadagno, si legge in una nota diffusa oggi dall’Eawag (Istituto per la ricerca sulle acque nel settore dei Politecnici federali), autore della ricerca assieme all’Istituto Max Planck di microbiologia marina di Brema (D).
I ricercatori hanno scoperto che nel lago ticinese la degradazione di metano è pressoché completa, ma non è dovuta, come si credeva, a microorganismi in grado di vivere in assenza di ossigeno – come archei o batteri metanotrofi anaerobici – bensì a proteobatteri, che per vivere hanno bisogno di ossigeno e se lo procurano posizionandosi molto vicino ad alghe unicellulari, che lo producono mediante fotosintesi.
Questo tipo di degradazione del metano in acqua dolce finora era sconosciuto, sottolineano gli autori dello studio, pubblicato su ISME Journal. “Per i laghi che hanno strati di acqua privi di ossigeno e anche per diverse zone dei mari dovremo senz’altro correggere i libri di testo”, rileva il responsabile del progetto, Carsten Schubert, dell’Eawag, citato nella nota.el lago.