Rolando Garibotti, top climber argentino-americano (autore iniema a Dörte Pietron del libro Patagonia Vertical), è di casa in Patagonia. Ecco una sua riflessione sulla libertà in montagna e sulle responsabilità alla luce degli ultimi incidenti nel massiccio di El Chalten.
Le ultime tre settimane sono state critiche nel massiccio del Chalten. Tre scalatori hanno perso la vita sul Fitz Roy, ci sono stati due incidenti molto gravi e una serie di situazioni limite.
Ecco alcune riflessioni in proposito.
La severità di queste montagne e il loro clima richiedono di scegliere obiettivi che rientrano nel proprio livello di competenza e si adattano alle condizioni. Non è sufficiente essere preparati alle difficoltà se tutto va secondo i piani, bisogna saper affrontare tutte le possibili eventualità.
Le cordate devono portare con sé un dispositivo di comunicazione: una radio VHF o un telefono satellitare. Due delle squadre coinvolte negli incidenti erano prive di tali mezzi e questo ha ritardato gravemente i tentativi di soccorso. Una delle morti potreva essere evitata.
È fondamentale imparare a leggere attentamente le previsioni del tempo. Il “Black Friday” (18/1), quando tre alpinisti sono morti al Fitz Roy nel maltempo, non era certo una buona giornata per essere lassù.
Per fortuna due elicotteri sono stati disponibili per due interventi di soccorso, ma di solito non è così. I soccorsi vengono normalmente effettuati a piedi e richiedono giorni. Senza gli elicotteri, il soccorso di due alpinisti gravemente feriti avrebbe richiesto ancora più giorni per arrivare all’ospedale.
I soccorsi possono essere costosi, mettere in pericolo un sacco di gente e talvolta avere conseguenze tragiche. Jesús Gutiérrez ha subito diverse fratture cercando di aiutare gli scalatori bloccati su Fitz Roy e, nel 2014, il pilota di elicottero Pablo Argiz è morto mentre cercava di salvare un alpinista ferito.
Negli ultimi vent’anni la Comisión de Auxilio Centro Andino El Chalten ha svolto un lavoro incredibile per salvare gli scalatori anche dai luoghi più remoti. I responsabili sono riusciti a creare un grande spirito di squadra da veri “buoni samaritani”. I volontari abbandonano le loro attività e si espongono ai rischi per aiutare gli altri. Tuttavia, è importante non abusare di questa buona volontà. Come Eneko e Iker Pou hanno scritto in un recente post (Hermanos Pou), quando scegliamo gli obiettivi dobbiamo tenere a mente “tutte quelle persone che, senza conoscerci, rischiano la loro vita per cercare di salvare la nostra. “Prima di partire dobbiamo pensare anche a loro “scegliendo gli obiettivi in base alle condizioni, al tempo e alle nostre reali capacità”.
È una fortuna poter godere di completa libertà d’azione in quest’area, ma la libertà impone la responsabilità. Preservare la libertà dipende da noi.
fonte: Patagonia Vertical