Ho provato a camminare lungo alcuni dei molti sentieri che tagliano, noncuranti, le frontiere terrestri dell’Italia. L’ho fatto in senso orario, inseguendo i numeri dell’orologio alpino da ponente a levante, come fanno le sue lancette.
Valico, colle, passo, forcella, bocca, bocchetta, sella..in quanti modi possiamo definire il punto d’incontro tra due valli? Quando queste valli si vengono a collocare in stati diversi e confinanti, quello che in matematica viene definito “punto di sella” muta repentinamente di senso: da punto d’ingresso, diviene punto di separazione.
Immaginiamo un confine astratto. Consideriamo tra ogni possibile confine quello statuale, quindi selezioniamo i soli confini del continente europeo, e ancora quelli italiani e, tra questi ultimi, poniamo l’attenzione sulle sole frontiere alpine. Ecco che tra nevai, displuviali, avvenimenti storici, mutevoli accordi, guerre fratricide, comunità divise e ricombinate, appare la linea continua che dalle Alpi marittime conduce alle Prealpi Giulie.
Il confine terrestre del Belpaese è spesso coincidente con questo arco di monti. In rare occasioni scende a Ventimiglia, nel Carso, ai piedi delle prealpi lombarde alla quota del Lago di Lugano e del Maggiore. Al di fuori di queste eccezioni il confine è alpino, o marittimo. Non troverete queste parole all’interno di Sentieri migranti – Tracce che calpestano il confine, eppure riposizionare il confine di stato all’interno del territorio e del paesaggio alpestre può rivelarsi un esercizio utile per capire le difficoltà cui va incontro chi decida di tentare la sorte in ingresso o in fuga dallo Stivale. Le alpi, al fianco dell’umanità (e della sua assenza) sono protagoniste a pieno titolo dell’ultimo e quarto libro che ho pubblicato proprio in queste settimane per Mursia Editore. Prima di narrare le storie che si consumano e infrangono sul confine alpino, il testo dedica tre brevi capitoli alle rotte che conducono donne e uomini in cerca di una chance negata fino all’Italia e, di qui, in vista dell’Europa continentale. La sua metafora? L’ambizione ad una vita migliore è insensibile alla forza di gravità, non sempre una linea spartiacque può determinare quale suolo è lecito calpestare, agognare o abbandonare.
L’invito però è anzitutto stimolo al cammino e all’ascolto, non c’è preghiera alcuna di condivisione del punto di vista dell’autore, quanto uno stimolo a guardare con occhi differenti i sentieri su cui muoviamo calzature tecniche e bastoncini in fibra di carbonio. Raramente questi itinerari sono nati con funzione turistica, se approcciati con più umiltà potrebbero condividere con noi storie di transumanza, resistenza, traffici illeciti, fughe precipitose, economie dimenticate e, perché no, grandi speranze.
Alberto Di Monte
TITOLO: Sentieri migranti
EDITORE: Ugo Mursia Editore
PUBBLICAZIONE: 2021
PAGINE: 194
PREZZO: 15 €
L’AUTORE
Alberto Di Monte (Vimercate, 1985), geografo e appassionato escursionista, si occupa di comunicazione digitale e del buon nome dell’Associazione Proletaria Escursionisti. Con Mursia ha pubblicato Sentieri proletari (2015), Sport e proletariato (2016) e La Via del Sale (2018).
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