Il racconto di Hillary Gerardi: Cara Kima, mi hai fatta sentire me stessa…

Il Trofeo Kima è una gara che non si svolge su sentiero, ma in mezzo alle montagne, come fa notare l’atleta del team BD Hillary Gerardi.

Chiunque conosca la Kima, ne ha una vera e propria venerazione.

E pochi la conoscono bene come Hillary.
Seguite il suo bellissimo racconto di viaggio sulle vette e nelle vallate del Trofeo Kima assistendo al tentativo di Hillary di battere il record della corsa. 

Cara Kima, 

penso sia stata Célia a parlarmi di te per la prima volta nel 2016. È stata lei a farmi conoscere il mondo dello skyrunning; me ne parlava velocemente e spesso dava per scontato che sapessi esattamente di cosa stesse parlando. Non saprei dire se fosse a causa della mia scarsa padronanza della lingua francese o della mia scarsa conoscenza del mondo del running, ma mi ritrovavo ad annuire e a sorridere, anche se non riuscivo a seguirla completamente. Kima era però una parola che mi ha colpito, perché ricorreva in continuazione nei discorsi. Veniva citata con reverenza nel tono di voce e nello stesso istante in cui venivano menzionati i nomi di famosi runner, di cui non avevo mai sentito parlare. Lei non ci era ancora stata, ma la Kima era decisamente la gara per antonomasia. 
Nel 2018, quando io e Brad abbiamo raggiunto la Val Masino dal basso altipiano, quasi sfiorando il minuscolo cartello che puntava verso la collina, ci siamo inerpicati con il nostro mini-van lungo tornanti che sembravano portare in mezzo al nulla. Non volevo perdere di vista le montagne e allungavo continuamente il collo, finché abbiamo imboccato un ultimo tornante e le pareti ripide della valle hanno iniziato ad aprirsi solo di quel tanto da ospitare una fila di case e una via stretta in cui era appeso un banner che annunciava “Trofeo Kima.”  
Il mio cuore ha iniziato a battere all’impazzata e ho chiesto di fermarci per scattare una foto. Avevo la sensazione di essere entrata nell’arena. 
Eravamo circondati da cime imponenti, i partecipanti erano radunati in gruppo e io a malapena sapevo cosa stessi facendo lì. Ma morivo dalla voglia di sapere il motivo di tutto quel clamore attorno alla gara e di vedere se sarei riuscita a portare a termine tutto il percorso. Se avessi anche lontanamente osato sognare di vincere, avrei detto che sembrava la realizzazione di un sogno. Invece, mi sentivo travolta dalle emozioni e fortunata di essere stata in grado di sopravvivere fino all’arrivo. Ero fisicamente ed emotivamente svuotata dall’effetto “montagne russe” della gara e sentivo il cuore talmente traboccante da essere sul punto di esplodere. Era l’unica gara in cui, quell’anno, era riuscito a partecipare anche Brad e lui stesso diceva che fosse l’unica corsa che si sentiva in grado di disputare. Anche lui ha avuto la mia stessa impressione: una corsa sulle rocce che parlava la nostra lingua, ferrate che ti gratificavano per esserti arrampicato, guglie svettanti e maestosi anfiteatri, adorati dalla comunità alpina. 

 

Sono tornata di nuovo più volte in Val Masino, quasi in pellegrinaggio, fino al 2022, quando ero finalmente abbastanza sicura che saresti tornata anche tu. Kima, sei stata il mio faro: per mesi, mi hai dato la motivazione per affrontare gli allenamenti. Mi hai incoraggiato a uscire a correre in montagna, sulle montagne vere e fuori pista, cercando terreni con grossi blocchi di granito da superare con un salto o su cui arrampicarmi. In un’estate torrida con ondate di caldo, mentre le ‘mie’ montagne stavano sgretolandosi sotto un sole cocente, lo stadio in cui risiedi mi ha dato la speranza di bellezza eterna in paesaggi post-glaciali. 
Eppure, in agosto, mentre procedevamo lungo la strada tortuosa che ormai conoscevo a memoria, ho sentito tornare tutte le mie insicurezze. Tutta la preparazione che potevo fare l’avevo già svolta e l’unica cosa che mi restava da fare era eseguire la gara; ma non sarebbe stato meglio riposare sugli allori del mio campionato precedente e lasciare a qualcun altro il titolo di regina?  Nel 2018 mi avevi aiutato a diventare una runner, ma avevo paura di deluderti, avevo paura che le persone potessero vedere che il nostro legame era più precario di quanto sembrasse. Ma sapevo anche che ti dovevo almeno un tentativo e che, in cambio, mi avresti costretta a sopravvivere, almeno dalla linea di partenza alla linea di arrivo, interamente immersa nel presente. 

Il battito all’impazzata del mio cuore e le mani sudate in contrasto con l’aria fredda pungente del mattino

Il botto dello sparo di inizio e il calpestio ritmico di centinaia di corridori

Una cacofonia di applausi e di voci che incitavano ‘Brava! Brava! Dai! Alé alé!”

L’ansimare affannoso cercando di trovare il ritmo  

Lo scroscio della neve disciolta che scorreva lungo il versante della collina 

Lo scricchiolio della ghiaia sotto a ogni passo volontario 

Il tintinnio delle catene e i gemiti a ogni sollevamento sulle ferrate  

Il crepitio della radio; i team di soccorso si chiamano tra loro per un resoconto dell’avanzamento della gara

Il tonfo della caduta di un masso e l’urlo di avvertimento: “Sasso!”

Le voci che echeggiavano a distanza: un improbabile spettatore lontano da qualsiasi sentiero 

Lo stridore della sabbia sul granito; lo sgretolarsi delle rocce sulla morena

Il sibilo del vento in una fessura tra i massi

La ricerca disperata del prossimo segno sulla roccia in un mare di blocchi di granito 

Un rapido sospiro quando un piede manca l’appoggio

Il rumore martellante del cuore che batte. I respiri affannosi e i muscoli che urlano

Un dialogo silenzioso di opinioni conflittuali all’interno della testa: no, non ce la puoi fare; sì, che ce la fai

Un subbuglio interiore in contrasto con il silenzio delle colline

Le voci che iniziano a diventare udibili 

Il rumore sordo dei coperchi battuti dai pensionati di San Martino 

L’eco dell’annunciatore, parole indistinguibili ma che ti avvisano che è il momento di attingere a tutte le riserve di energia.

Kima, ormai non posso più dire di essere inesperta. Non posso nemmeno più affermare di “non essere una vera e propria runner”, ma posso dire che ci ho impiegato parecchio tempo a identificarmi come tale. E, in un certo senso, non ho ancora deciso che genere di runner voglio essere. Ma una cosa la so per certa. Quando mi sorgono queste domande e questi dubbi, posso far riferimento a te e so di sentirmi a casa. Kima, mi hai fatta sentire me stessa come nessun’altra corsa aveva mai fatto. Mi hai aiutata a identificare l’atleta che aspiro a diventare. Una runner che abita il mondo tra la terra e il cielo, scala ripide salite, si spinge sempre al massimo fino a sentire il sapore del sangue in bocca e supera con un salto un’accozzaglia di blocchi di roccia, restando al tempo stesso a bocca aperta per avere il privilegio di seguire le orme di chi ha tracciato prima il percorso attraverso paesaggi mozzafiato.

Una runner che osa correre il rischio di fallire ma che dà tutto quel che può per l’opportunità di iscrivere il suo nome nella leggenda.  

Cordialmente, 

Hillary Gerardi 

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