Julie Ellison Un tempo, la parola “arrampicata” faceva pensare a individui muniti di casco e abiti dai colori vivaci con scarponi da montagna e attrezzi appuntiti, impegnati con tutte le loro forze a inerpicarsi su una vetta innevata; o a individui muscolosi sospesi sul fianco di una rupe, una quantità d’aria da capogiro sotto i piedi. Essere un climber significava far parte di un piccolo club esclusivo i cui membri sembravano pazzi e gli obiettivi impossibili.
Ma, dall’inizio degli anni Duemila, l’arrampicata si è diffusa oltre la nicchia dei pochi eletti, diventando accessibile a tutti. Non è più uno svago misterioso e un po’ incompreso. Adesso è diventato mainstream: uno sport riconosciuto a livello internazionale, una tendenza di fitness globale e uno stile di vita totalizzante. Dalle palestre di arrampicata indoor alle centinaia di migliaia di vie su roccia, l’arrampicata continua a crescere, senza dare segni di rallentamento. L’arrampicata esiste in una qualche forma da centinaia di migliaia di anni: gli esseri umani scalano vette e montagne da quando gli uni e le altre esistono. Ma la moderna arrampicata su roccia è sorta solo a metà del XX secolo, come un germoglio dell’alpinismo. Raggiungere una cima era considerata una nobile occupazione, ma in caso di condizioni avverse o tempo limitato gli alpinisti affrontavano pareti o rocce più brevi per allenarsi.
Alla fine, i climber smisero di portare sulle grandi vette la forma fisica e le abilità acquisite su queste piccole formazioni rocciose, e scalare questi obiettivi minori divenne la principale attrazione. Quei primi pionieri non immaginavano dove sarebbe arrivata l’arrampicata nel giro di pochi decenni. Migliaia di palestre di arrampicata punteggiano il globo, con gradi di difficoltà in-door che raggiungono 9A/V17 e 9c/5.15d, un film sul climbing ha vinto un Oscar e l’arrampicata è ora una disciplina olimpica, la massima conquista di qualsiasi attività sportiva.
Ci sono professioni, negozi, palestre, produttori, libri, film, riviste, festival, scuole, organizzazioni, enti no-profit, podcast, app e traffico social: un’intera industria che ruota intorno all’arrampicata. C’è una buona ragione per il successo esplosivo del climbing. Anzi, molte buone ragioni. Arrampicare è divertente. Le sequenze di movimenti complessi sono una sfida fisica e mentale, e si migliora regolarmente. C’è una componente di problem-solving, oltre a una di forza, e se ci si applica abbastanza si sviluppa un fisico muscoloso. Si può praticare da soli o con gli amici, nella locale palestra per qualche ora o a migliaia di chilometri dalla città più vicina per qualche mese, tra ghiacciai e orsi polari. Gli obiettivi variano da massi di tre metri a vette di 8000. Ci sono così tanti tipi di arrampicata che potete sceglierne uno e specializzarvi in quello, o cercare di padroneggiarli tutti….
IL LIBRO
Climbing è una vera e propria bibbia dell’arrampicata, ricca di consigli, schede di approfondimento sugli allenamenti (fisici e mentali), le tecniche, la terminologia, il gergo, i luoghi e i protagonisti più famosi. Tutto incorniciato da foto mozzafiato.
Un volume che non può mancare nella libreria degli appassionati di arrampicata. Un libro molto ben curato, approfondito, bello da sfogliare, che tratta le varie discipline, con le attrezzature specifiche, i siti nel mondo, i personaggi e altre chicche.
L’AUTORE
Julie Ellison da oltre un decennio scrive, filma e cura storie di arrampicata e di vita all’aria aperta. È stata la prima donna a dirigere la rivista Climbing e lavora attualmente come giornalista, fotografa e filmmaker freelance. Con uno schietto stile documentario, si serve dell’avventura per conoscere il mondo e aiutare le persone. Attraverso la lente del climbing, ha documentato la crisi dei profughi nel Mediterraneo, un campo di arrampicata per sopravvissuti al cancro, il rivoluzionario viaggio di una climber transgender e ha visto la morte da vicino in Messico.
Per quattro anni, ha vissuto in un camper chiamato Betsy, inseguendo storie interessanti, roccia asciutta e buone condizioni per arrampicare in tutti gli Stati Uniti con accanto la sua pitbull Lizzie. Nell’autunno 2016, con due colleghe, ha dato vita al Never Not Collective, una casa di produzione al femminile che racconta storie di gente comune che fa cose grandi, coraggiose, impegnative, affascinanti, appaganti, senza badare al “successo”. Nel gennaio 2020 è stato proiettato in anteprima il primo importante progetto cinematografico del Never Not Collective: “Pretty Strong”, un lungometraggio che mette in primo piano climber donne. Primo nel suo genere, è un film di arrampicata che parla di donne, fatto da donne e rivolto a tutti. Attualmente Julie vive tra le montagne nel sudest dell’Idaho. Sei mesi l’anno si diverte nei Teton, gli altri sei viaggia per arrampicata e lavoro.
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