Coronavirus, estate in montagna senza rifugi?
Dopo l'articolo di Repubblica, interviene il Cai e l'Associazione Gestori Rifugi della Lombardia
La montagna riaprirà. A breve, si spera, si potrà tornare sui sentieri. Ma l’emergenza resta e determinate regole bisognerà ancora osservarle per evitare una “ricaduta”.
Il problema per la montagna? Principalmente i rifugi.
Il rifugio è una realtà dove è difficile “tenere a bada” la distanza sociale. Il rifugio non è un albergo. Il rifugio è luogo di condivisione. Si dorme in camerata, si mangia su tavoloni tutti insieme, molte volte un unico bagno…
E come si fa? I gestori “busseranno” per aiuti? Il Cai centrale, per venire incontro a ciò, nei giorni scorsi, precisamente il 10 aprile, ha creato un fondo ad hoc, ha stanziato un milione di euro, con cui le sezioni potranno pagare mutui e affitti. Probabilmente non basteranno, il Cai potrebbe essere costretto a bussare al Governo per chiedere aiuti?
Può darsi, si spera, che nella prossima estate i rifugi del CAI riusciranno ad essere operativi, dare da mangiare agli escursionisti e agli alpinisti, nelle belle giornate ci si può organizzare anche all’esterno. Vedremo se ci sarà la possibilità di dare alloggio nei cameroni. Si può lavorare con prenotazioni obbligatorie. Sanificazioni specifiche. Altre accortezze. Bisogna reinventarsi. Insomma, ci si sta ragionando, il Cai farà il possibile, in queste ore ci sta lavorando.
Antonio Montani, vicepresidente Cai a La Repubblica In montagna sarà un’estate mai vista: temo la prima, dopo la fine della seconda guerra mondiale, con i rifugi d’alta quota chiusi. Escursionisti e alpinisti dovranno adattarsi programmando gite di un giorno, oppure organizzandosi con tende, sacchi a pelo e cibo negli zaini. Sarà più impegnativo, sotto il profilo fisico e tecnico.
Ricordiamo che il Cai gestisce circa 400 rifugi su Alpi e Appennino. Salgono a oltre 700 calcolando i bivacchi. Per un totale di oltre 18.500 posti letto. Oltre 35 mila comprendendo i rifugi privati.
Dopo alcune dichiarazioni riportate nell’articolo di Repubblica, il Cai, oggi, ha diramato un comunicato stampa.
Il Cai
Antonio Montani, vicepresidente del Cai e responsabile dei rifugi commenta l’articolo di La Repubblica Pur essendo vero che possono esserci difficoltà a riaprire i rifugi, soprattutto quelli di alta quota, deve essere chiaro che il Club alpino italiano si è attivato e sta lavorando per scongiurare questa ipotesi. Faremo di tutto, sia intervenendo nelle sedi istituzionali per spiegare la differenza che c’è tra rifugio e albergo, sia mettendo a disposizione delle nostre Sezioni e dei rifugisti tutte la risorse disponibili per poter contribuire alla riapertura delle strutture.
Il Cai Le modalità della riapertura dei rifugi dipenderanno anche dalle future disposizioni normative sulla Fase 2 dell’attuale emergenza sanitaria. Il Cai farà quindi la propria parte sostenendo Sezioni e rifugi per affrontare questa difficile situazione e per arrivare alla riapertura il prima possibile.
Club alpino italiano
Sull’argomento è intervenuta oggi anche l’Associazione Gestori Rifugi di Lombardia, di cui riportiamo integralmente il comunicato stampa.
Riceviamo e Pubblichiamo:
I Rifugi di Lombardia si uniscono alla presa di posizione del Coordinamento nazionale rifugi e S.A.T replicando alle prese di posizione espresse da Antonio Montani, vicepresidente del CAI e responsabile dei rifugi, nell’articolo di Repubblica in data 18 aprile 2020.
L’estate in montagna senza rifugi, è il titolo dell’articolo comparso oggi 18 aprile in prima pagina su la Repubblica, seguito da una lunga disamina sull’impossibilità di frequentare le destinazioni in alta quota, sulla condivisione quale limite delle strutture d’appoggio per gli escursionisti montani e sulla conseguente, inevitabile, problematicità di camere comuni e tavolate di gruppo.
La riflessione è stata introdotta ventilando l’ipotesi di un’estate mai vista, con rifugi chiusi e un successivo invito a riflettere su quel “modello di tempo libero che in molti casi si era spinto oltre il limite” e “l’’occasione per un recupero di essenzialità e semplicità”.
Insieme a tanti attori del turismo, anche noi viviamo un momento di paura nei confronti di un futuro incerto, sia nell’immediato dell’estate alle porte, sia nel più lungo termine.
Come tutte le economie, piccole o grandi, siamo ancora in attesa di intravedere i contorni di questa incertezza, capire quali saranno i limiti imprescindibili – sia reali, in termini di distanza fisica, sia conseguentemente di organizzazione delle nostre attività.
Ad oggi non ci sono disposizioni precise e possiamo solo immaginare ipotetiche soluzioni da mettere in campo per evitare che il nostro settore sprofondi portando con sé le singole realtà di ogni rifugio e lo sforzo che nel tempo abbiamo messo per diffondere e mantenere viva la cultura della montagna di Lombardia.
Oltre un terzo della nostra regione è occupata da un variegato paesaggio montano, con tanti Rifugi che svolgono un importante presidio del territorio, l’attività sportiva e la funzione collettiva, dal controllo dei sentieri alla pulizia dell’ambiente.
Le montagne sono uno dei patrimoni che la natura ha concesso al nostro paese e che come tale ci siamo sempre impegnati a preservare e mantenere in vita, anche attraverso il turismo.
Dietro ogni rifugio ci sono tante storie, tante famiglie e tante persone che ogni anno, rimettono in moto un’ospitalità che spesso vive di condizioni estreme, manutenzioni impegnative e rifornimenti difficili.
Ogni anno aprire le porte sulle nostre montagne, in attesa dei primi visitatori con cui condividere la soddisfazione e la bellezza, è ciò che per tanti di noi viene più facile immaginare come ragione di vita.
La montagna fatta di cose inanimate come roccia, acqua, gelo e sole, è un unico grande mondo, vivente e da vivere.
Come far fronte a questa situazione, si domanda il presidente dell’Associazione Rifugi di Lombardia, Gino Baccanelli?
Come ogni operatore turistico, tutti noi siamo in attesa di capirne le modalità, nel rispetto delle nuove norme di sicurezza, mettendo in campo ancora più sforzo di quello che siamo abituati a fare a ogni ripartenza della stagione. Noi ci siamo. Ma come possiamo esserci?
I problemi da affrontare sono tanti, dagli affitti al personale, dai costi di apertura all’organizzazione delle provviste per la stagione, e le ipotesi nell’aria sono ancora semplici idee prive di fondamento e studio di fattibilità.
Prenotazioni contingentate? Semplice servizio di ristoro per gli escursionisti, evitando assembramenti? Punto di appoggio per eventuali emergenze? “
Anche il presidente del coordinamento nazionale dei Rifugi, Angelo Iellici, sull’ipotesi ventilata dai vertici del Cai relativo alle tende in quota risponde che
“La metodologia delle tende, dei sacchi a pelo, rende lo scenario ancora più complesso e fallace dal punto di vista igienico-sanitario, della sicurezza, perché queste persone dovranno comunque servirsi dei rifugi, è imprescindibile.
Ci sono anche molte responsabilità nei confronti della protezione delle persone in caso per esempio di maltempo, se lo facessimo in un modo non corretto e basterebbe una foto a rovinarci per sempre e potremmo venire attaccati su tutti i fronti, quindi servono delle soluzioni percorribili. Come rifugi siamo luoghi molto visibili ed amati, abbiamo bisogno per questo di dividere le responsabilità con il Governo, con le amministrazioni provinciali e regionali, con la Sanità”.
Ricordiamo inoltre che all’attività di ristorazione e alloggio a cui i gestori devono la propria sopravvivenza, i Rifugi sono anche un importante riferimento per gli escursionisti e per quanti si trovano in difficoltà in zone isolate, fisicamente e telefonicamente.”
Forse molte delle ipotesi che per ora ci limitiamo a immaginare sono azzardate ma ciò si saprà solo una volta ricevute le precise indicazioni da parte di tecnici in grado di avere la visuale su tutto il territorio e sulle caratteristiche che l’attività turistica dovrà poter garantire nel tempo di convivenza con questa emergenza.
In attesa di queste risposte, ci limitiamo a ricordare il nostro dovere di valutare e il nostro diritto di prendere delle decisioni puntuali e informate, non ritrovarci a leggere un articolo inaspettato in cui forse sarebbe stato doveroso soppesare meglio le affermazioni.
Una lettura che per tanti di noi è stata subito seguita da raffiche di richieste di chiarimento e anche disdette da parte di chi ancora aspettava di sapere se avrebbe potuto recarsi in alta quota.
Siamo noi, come strutture singole e come Associazione, a dovere e volere contattare singolarmente chi ha una prenotazione con i nostri Rifugi, avvisandolo sulla condizione di apertura e sull’eventuale impossibilità di ospitare, nel rispetto del rapporto diretto, sincero e condiviso che abbiamo sempre portato avanti con chi decide di vivere del tempo con noi, in montagna.
Perché le parole sono come azioni e fanno accadere le cose. dice lo scrittore Hanif Kureishi
Ci piacerebbe che tutti, in questo momento difficile in cui l’agire fisico è fermo o limitato ai confini giustamente imposti, ci ricordassimo del peso e del ruolo delle parole, nel contesto presente e immediato ma soprattutto per il futuro.
Associazione Gestori Rifugi di Lombardia