“Divieti ai Sibillini, le scelte vanno condivise”
Il Parco dei Sibillini sta adottando delle misure di conservazione dei Siti Natura 2000 e le associazioni di settore dicono no e stanno preparando le osservazioni prima dell’approvazione in Regione. Si è aperto un aspro dibattito in merito, oggi abbiamo ascoltato il presidente della Unione Montana Monti Azzurri Giampiero Feliciotti
Il Parco dei Sibillini afferma che l’adozione delle misure è obbligatoria in attuazione della direttiva comunitaria “habitat” e, a causa del ritardo nell’adozione, l’Italia è sotto procedura di infrazione da parte della CE. Qual è la situazione in merito negli altri Parchi d’Italia?
Il Parco ha una grande responsabilità nell’avvio dell’infrazione perché ha una struttura che non sa far funzionare mentre continua a imporre regole pur in assenza della definitiva approvazione del Piano del Parco dopo oltre 20 anni.
E all’estero? Esistono restrizioni di tal genere?
Assolutamente no, anzi preparano il territorio e dialogano con la gente per farne opportunità di sviluppo della residenzialità e qualità di vita.
La Comunità Montana Monti Azzurri ha preso parte alla stesura di tale provvedimento?
Ma quando mai…. magari avessero il buon senso di dialogare con gli enti che fanno parte integrante del consiglio…!! si supererebbero molte cavolate.
Qual è il suo punto di vista in merito sulle misure adottate?
Ascoltare la gente ed i fruitori oltre che gli stakeholders: ho chiamato un tecnico unitamente alle associazioni varie (una rappresentanza regionale e nazionale di oltre 10.000 associati…) ed in base alle loro osservazioni il tecnico mercoledì 4 maggio riferirà (dopo aver approcciato anche il parco) una ipotesi rispettosa e compatibile con i fruitori seri della natura del parco stesso perché non può essere mummificato: ha un valore sociale ed economico da tenere in considerazione per la ripresa di quelle aree interne di cui facciamo parte come uno dei due progetti Barca della Regione Marche che hanno a disposizione oltre 26 milioni di euro per la ripresa ma non con questi modi….
Le proteste sono scattate anche per il fatto che il Parco ha adottato tale provvedimento in modo unilaterale senza sedersi ad alcun tavolo di confronto.
Questo è quello che fa da sempre e purtroppo nessuno lo blocca. La regione non ha mai fatto una riflessione seria su questo argomento e non ha nemmeno partecipato mai se non raramente e con rappresentanti casualmente delegati al momento, ai consigli di comunità.
E poi il Parco rimarca il fatto che tutte le restrizioni (campeggio, mtb, volo) riguardano un’area molto ristretta comprendente solamente le alte quote (aree sensibili) e che all’interno del territorio del Parco vi sono numerosi sentieri e piste ciclabili (423 km) ed aree per camperisti.
Nessuno mette in dubbio la necessità di attenzione ma occorre tener presente che alcuni anelli si chiudono in queste aree e pertanto occorre aprire in modo preciso questi tratti per evitare che non si possano più proporre come attrattiva turistica. No alle macchine, ai camper certamente ma che differenza fa un cavallo da una bici?
Cosa ne pensa, a monte, delle restrizioni – in maniera assoluta – all’interno di Parchi e Riserve? Nel Pnalm, ad esempio, vi è un dibattito in corso sul divieto assoluto agli escursionisti di inoltrarsi nella Riserva integrale.
Io penso che pur nella regolamentazione necessaria – ma senza spese per il fruitore – occorre riportare la gente “educata” in montagna. Penso che si debba fare attenzione agli aspetti legati alla produzione di alimenti e agli aspetti etici in senso lato. Il parco è il primo colpevole sulla perdita della sana alimentazione dell’uomo perché con l’avvento sconsiderato di animali quali il Cinghiale, l’istrice, il lupo ed altro ha indotto l’agricoltore all’abbandono della produzione dei migliori alimenti sani che hanno rappresentato il valore aggiunto in queste aree ma nessuno prende posizione perché questi signori si dicono anche ambientalisti e si tirano dietro associazioni buone che non hanno nessuna responsabilità di gestione nella società e pensano di obbligare con il loro pensiero la società che produce cibo a fare una politica economica basata sulle loro mezzadrili idee: questa è utopia. L’accordo si deve trovare in base alle possibilità condivise delle parti: il parco deve essere gestito da autorità istituzionali locali secondo azioni compatibili con l’economia locale ed indirizzi vagliati da un comitato scientifico che ne attesti l’esattezza comportamentale. Ora lanceremo un referendum per la chiusura a causa di incompatibilità con l’economia locale, depauperamento della migliore produzione di alimenti della terra e incapacità amministrativa nel rispetto dei tempi e delle normative oltre al mancato colloquio con gli attori locali.
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