Francesco De Marchi e la prima salita al Corno Grande (Gran Sasso)
L'alpinista, speleologo e ingegnere militare salì il 19 agosto 1573 sulla vetta occidentale (2.912 mt) all'età di 69 anni con alcuni accompagnatori
Gran Sasso: la prima salita alla vetta del Gran Sasso (Corno Grande, 2912 mt) è avvenuta il 19 agosto 1573 ad opera di Francesco De Marchi (Bologna, 1504 – L’Aquila, 15 febbraio 1576). De Marchi è stato un un alpinista, speleologo e ingegnere italiano nel campo militare, oggi ricordato soprattutto per aver compiuto la prima scalata ufficiale del Corno Grande.
Quand’io fuoi sopra la sommità mirand’all’intorno, pareva che io fussi in aria, perché tutti gli altissimi Monti che gli sono appresso erano molto più bassi di questo.
De Marchi nacque a Bologna da una famiglia di umile ascendenza, originaria della città di Crema. Dopo aver compiuto studi da autodidatta, partecipò o fu testimone, fin dalla giovinezza, di alcuni eventi bellici di grande rilevanza, quali la Battaglia di Pavia del 24 febbraio 1525, e l’assedio di Firenze del 1529-1530. In ogni caso, entrambi questi avvenimenti furono successivamente descritti nei suoi diari con dovizia di particolari. Ciò induce alcuni storici a supporre che il De Marchi abbia militato nelle truppe dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo.
Nel 1533, a seguito della restaurazione dei Medici in Firenze – effettuata dall’Imperatore allo scopo di farsi perdonare il terribile sacco di Roma del 1527, il De Marchi entrò a servizio del nuovo duca di Firenze, Alessandro de’ Medici, detto “il Moro”. Nel 1536 questi convolò a nozze con Margherita d’Austria, figlia naturale dell’Imperatore Carlo V, lasciandola però presto vedova, appena un anno dopo le nozze, assassinato dal cugino Lorenzino de’ Medici.
Da questo momento in poi il De Marchi rimarrà fedelmente nel seguito della figlia naturale dell’Imperatore, per i successivi quattro decenni.
Le imprese
De Marchi fu un individuo avventuroso e animato da una curiosità scientifica tipicamente rinascimentale. Il suo ruolo nel seguito di Margherita d’Austria, Governatrice imperiale delle Fiandre, nonché Governatrice perpetua dell’Aquila, gli consentì di spostarsi con frequenza fra Roma, Napoli, l’Abruzzo e il mar Tirreno.
Appassionato studioso di ingegneria militare, scrisse il ponderoso trattato Della Architettura Militare e nei secoli scorsi veniva ricordato principalmente per i suoi contributi nell’architettura dei sistemi bastionati, dei barbacani, dei controspalti e, in generale, dei sistemi di fortificazione. Una sua tavola, rappresentante un sistema d’attacco alla Vauban, è conservata ancora oggi al Museo del Genio di Castel Sant’Angelo.
Animato, oltre che dall’approfondimento per l’ingegneria militare, anche dall’amore per l’avventura, il De Marchi compì, nel 1535, un’impresa straordinaria, per i suoi tempi: l’immersione, nel lago di Nemi, protetto da un rudimentale scafandro, alla ricerca delle enormi navi dell’Imperatore Caligola, effettivamente presenti nelle acque del lago.
Inseguito dai corsari a Ponza, naufrago alla foce del Tevere, testimone di un’eruzione nel Golfo di Napoli, quella di Francesco De Marchi sembra a tratti più un’epopea alla Guerin Meschino che un’esistenza reale.
Infine, i monti. Già presente più volte in Abruzzo fra il 1535 e il 1547, De Marchi nota presto il Gran Sasso, tanto che nella sua Cronaca dell’ascensione racconterà: «Il detto Monte era trenta du’anni che io desiderava di montarci sopra», mentre altrove aveva già annotato «e io alle raddici de esso son stato più volte del che considerai il sito al meglio ch‘io puoti».
La salita al Corno Grande
Affascinato dalle montagne, studioso delle leggende dei Monti Sibillini, alla veneranda età di 69 anni Francesco De Marchi si imbarca quindi in un’altra avventura: la prima scalata del Corno Grande.
Accompagnato dal milanese Cesare Schiafinato e da Diomede dell’Aquila, nell’agosto del 1573 De Marchi si recò ad Assergi («Sercio») alla ricerca di qualche montanaro che potesse fargli da guida. Individuò un cacciatore di camosci, Francesco Di Domenico, che aveva già scalato la cima e che si aggregò volentieri. Volle reclutare anche due fratelli, Simone e Giovampietro Di Giulio, e «a preghi e premi» li convinse a fargli da portatori. Così, il 19 agosto 1573, con non poco sforzo, in cinque ore e un quarto, fu raggiunta la cima del Corno Grande (il «Corno Monte»), attraverso quella che oggi è la Via normale al Gran Sasso: «mirand’all’intorno, pareva che io fussi in aria».
Il giorno successivo, 20 agosto, il gruppetto, ampliato di altre persone del luogo, esplorò la Grotta a Male («grotta Amare») e altre caverne nei dintorni di Assergi, «delli luoghi che con la panza per terra bisogna passare». Il De Marchi incise sul fondo della grotta una croce, tuttora visibile. Si trattò della prima visita in senso speleologicomai fatta in Italia e probabilmente nel mondo.
Francesco De Marchi morirà tre anni dopo, nel 1576, all’Aquila, e sarà sepolto a Piazza Palazzo, nella Chiesa di San Francesco, oggi demolita
Il Gran Sasso
Il Gran Sasso d’Italia (o semplicemente Gran Sasso) è il massiccio montuoso più alto degli Appennini, situato interamente in Abruzzo, nella dorsale più orientale dell’Appennino abruzzese, al confine fra le province di L’Aquila, Teramo e Pescara.
Composto da diversi e adiacenti gruppi montuosi e compreso tra il territorio dei Monti della Laga a nord-ovest (da questi separato dall’alta Valle del Vomano e la Strada statale 80 del Gran Sasso d’Italia che l’attraversa), il teramano a nord-est, la piana di Assergi e la Conca Aquilana a sud-ovest, la Piana di Navelli e la Valle del Tirino a sud, le Gole di Popoli a sud-est, è un’area ambientale tutelata con l’istituzione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e su di esso ricadevano la Comunità montana Gran Sasso e la Comunità montana Campo Imperatore-Piana di Navelli.
Geomorfologia
Dai suoi punti più distanti, ovvero il Passo delle Capannelle a nord-ovest e le Gole di Popoli a sud-est, il massiccio del Gran Sasso misura circa 50 km in lunghezza e 15 km in larghezza con un perimetro di circa 130 km. Orientato da nord-ovest e a ovest a sud-est, come la grande maggioranza dei gruppi montuosi appenninici e preappenninici, ma con caratteristiche ben più aspre di alta montagna, fa parte della dorsale più orientale dell’Appennino abruzzese assieme alla Maiella più a sud e consta di due sottocatene principali parallele in senso longitudinale: la prima, più orientale e più aspra, si estende dal Monte Corvo (2623 m; nord-ovest) al Vado di Sole (sud-est).
La sottocatena occidentale, meno elevata e aspra, si estende dal Passo delle Capannelle e dal Monte San Franco (2132 m; nord-ovest) al Monte Capo di Serre (1771 m; sud-est). Al di là di questa zona centrale vi è un’ampia zona sud-orientale, chiamata dei “contrafforti occidentali”. Questi sono caratterizzati da numerosi rilievi meno elevati: Monte Ruzza (1643 m), Monte Bolza(1904 m), Monte Camarda (1384 m), Monte Cappucciata (1802 m), Monte Picca (1405 m) e molti altri, fino alle Gole di Popoli.
Le cime maggiori si trovano nella sottocatena settentrionale: il Corno Grande – che consta di quattro vette principali: quella orientale (2903 m), la centrale (2893 m) il torrione cambi (2875 m) e la maggiore, quella occidentale (2912 m, che è anche la vetta più alta di tutti gli Appennini continentali) – e il Corno Piccolo (2655 m). Incastonato dentro una conca e protetto dalle quattro vette che costituiscono il Corno Grande si trova il Ghiacciaio del Calderone, il secondo ghiacciaio più meridionale d’Europa.
Nel cuore del massiccio, tra le due sottocatene, è presente il vasto altopiano di Campo Imperatore e tra le cime maggiori la conca di Campo Pericoli, oltre che profonde valli che ridiscendono tra le suddette cime (es. Val Chiarino, Val Maone, Valle del Venacquaro, Valle dell’Inferno).
Data la sua elevazione, che la differenzia dalle altre catene appenniniche, il massiccio è ben visibile da tutti i principali gruppi montuosi dell’Appennino centrale e oltre, dal Monte Conero al Gargano e anche – nelle giornate particolarmente limpide – dai massicci montuosi della Dalmazia (Alpi Dinariche).
Origine del nome
Chiamato dagli antichi Romani Fiscellus Mons (Monte Ombelico) per la sua posizione centrale nella penisola italiana (Catone, Plinio, Silio Italico), questo massiccio montuoso era denominato nel Medioevo Monte Corno, dizione che serviva ad indicare sia il Corno Grande sia – per estensione – l’intera catena.
Secondo il celebre geografo Roberto Almagià, la denominazione “Gran Sasso” è molto tarda e risalirebbe addirittura al Rinascimento. Per questo autore, il primo abbozzo del toponimo è da ricercarsi in un poemetto del 1636 scritto da Francesco Zucchi di Montereale, in cui si fa riferimento al massiccio come al «Sasso d’Italia». Il primo documento in cui entrambe le denominazioni compaiono senza possibilità di equivoco è la “Carta topografica del Contado e della diocesi dell’Aquila” (seconda metà del XVIII secolo), nella frase: «Monte Corno overo Gran Sasso d’Italia». A dare conferma alle parole dell’Almagià sembra essere la consuetudine delle popolazioni locali che, ancora oggi, nei paesi che circondano la montagna, fanno riferimento al massiccio utilizzando il toponimo “Monte Corno”.
Il Parco nazionale
Il Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga è un parco nazionale istituito nel 1991 ed è uno dei tre parchi nazionali presenti in Abruzzo oltre ad essere la terza riserva naturale protetta più grande d’Italia per estensione territoriale, situato per la maggior parte in Abruzzo (provincia dell’Aquila, Teramo e Pescara) ed in misura minore nelle zone adiacenti del Lazio (Rieti) e delle Marche (Ascoli Piceno).
Alpinismo
La prima scalata documentata al Corno Grande, come detto, fu compiuta il 19 agosto 1573 dal bolognese Francesco De Marchi.
La seconda salita
Bisognò aspettare 221 anni, il 30 luglio 1794, per vedere una replica: il teramano Orazio Delfico realizzò la prima scalata della Vetta Orientale (2903 m). Delfico era convinto di essere il primo ad aver raggiunto la cima, ed in un certo senso lo era perché, pur essendo la montagna scalata unica (il Corno Grande), la vetta raggiunta era differente. Tra l’altro, Delfico, che, giunto sulla cima, misurò l’altezza della montagna (stimandola in 9577 “piedi parigini” m s.l.m.), effettuò anche una delle prime misurazioni di altezze di montagne mai fatte in Italia (in precedenza erano stati misurati soltanto il Vesuvio, l’Etna ed il Monte Legnone).
La prima invernale
La prima salita invernale al Corno Grande fu compiuta dai figli dello statista Quintino Sella: Corradino e Gaudenzio, nel gennaio del 1880. I due, che erano navigati alpinisti con esperienza di salite invernali sulle Alpi, schernirono pesantemente le guide locali, che non erano preparate né equipaggiate per una invernale e che non li accompagnarono sulla vetta. Tra le guide “cosiddette” (come i due alpinisti le definirono) vi era, però, Giovanni Acitelli, che diverrà poi un alpinista storico del massiccio, e che aprirà numerose vie, come il Moriggia-Acitelli (PD) proprio sul Corno Grande.
L’alpinismo “alla moda”
Con il diffondersi dell’alpinismo “alla moda”, di fine Ottocento, questi monti conobbero frequentazioni sempre più assidue; i montanari locali venivano reclutati «per Lire 2 a Lire 5» ma, durante l’inverno, avevano «la massima paura e sconoscenza della neve». L’alpinista più ardito avrebbe quindi trovato, in essi, «soltanto degli indicatori della via da seguire» (Enrico Abbate. Guida d’Abruzzo. 1903).
Con il primo decennio del secolo XX, la moda dei signori che, dalle città, si recavano in montagna per compiere escursioni guidati da montanari del posto tramontò ed il massiccio conobbe un nuovo genere di alpinismo: quello delle grandi sfide, della ricerca della salita “tecnica”. Nel 1931 Domenico e Dario d’Armi scalarono la Vetta Orientale dalla cresta nord. Nel 1934 Bruno Marsili e Antonio Panza superano la parete nord del Monte Camicia, soprannominato “l’Eiger dell’Appennino”. Su queste cime, negli anni ’40, si cimentarono alpinisti del calibro di Giusto Gervasutti, Gigi Panei e Andrea Bafile.
Un nuovo mondo
Alla fine degli anni settanta, l’alpinismo sul Gran Sasso venne rivoluzionato dal romano Pierluigi Bini, che tracciò una dozzina di vie ben oltre il sesto grado classico, dando origine a un tipo di scalata del tutto originale e rivoluzionaria.
Escursionismo
Il Gran Sasso offre notevoli possibilità di escursionismo a piedi. Tra tutte le più suggestive sono le traversate da Campo Imperatore al Lago di Provvidenza attraverso la Valle di Chiarino, da Campo Imperatore a Prati di Tivo/Pietracamela passando tra Corno Grande e Corno Piccolo attraverso il Rifugio Carlo Franchetti e il Vallone delle Cornacchie, oppure attraverso la Val Maone, da Campo Imperatore a Prato Selva attraverso la valle del Venacquaro, il Sentiero del Centenario e l’anello di Campo Pericoli. Di rilevanza storica e religiosa è la traversata da Assergi a Isola del Gran Sasso attraverso Vado di Corno fino al santuario di San Gabriele dell’Addolorata che unisce il versante aquilano con quello teramano. In località Fonte Cerreto nel 2016 è stato aperto al pubblico un parco avventura, il Gran Sasso Adventure Park; un altro parco avventura è presente a Prati di Tivo.
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- Ostello Campo Imperatore (2130 m): situato accanto alla stazione di monte della funivia del Gran Sasso. È composto dai locali della stazione di monte dell’antica funivia; vi è un museo. Si trova nel territorio del Comune di L’Aquila.
- Rifugio Carlo Franchetti (2433 m): gestito da Luca Mazzoleni, di proprietà del C.A.I. sezione di Roma. È situato al centro del Vallone delle Cornacchie, incuneato tra il Corno Grande ed il Corno Piccolo. Inaugurato nel 1960 dal CAI è il rifugio più alto del Gran Sasso. È dotato di 23 posti letto (un locale invernale con 4 posti letto è sempre aperto). Si trova nel territorio del Comune di Pietracamela.
- Rifugio Duca degli Abruzzi (2388 m): gestito da Luigi D’Ignazio e Carlotta Bonci. Di proprietà del CAI. È situato sulla cresta tra Sella Monte Aquila e Monte Portella. È dotato di 20 posti letto (un locale invernale con 3 posti letto è sempre aperto). Si trova nel territorio del Comune di L’Aquila.
- Rifugio Domenico Fioretti (1500 m): gestito da Domenico Picco, di proprietà dell’Amministrazione dei beni separati di Arischia. È situato nella Val Chiarino, a L’Aquila alle pendici di Monte Corvo.
- Rifugio del Monte (1614 m): gestito da Arnaldo Di Crescenzo, di proprietà del Comune di Fano Adriano. È situato nella Valle del Fosso del Monte alle pendici nord di Monte Corvo. È dotato di 18 posti letto.
- Rifugio Giuseppe Garibaldi (2231 m): non gestito. È situato a Campo Pericoli ed è stato il primo rifugio costruito nel Gran Sasso, nel 1886. È sempre aperto per le situazioni d’emergenza. D’inverno è spesso completamente coperto dalla neve. Si trova nel territorio del Comune di Pietracamela (TE).
- Rifugio Antonella Panepucci Alessandri (1700 m). È situato sul versante nord del Monte San Franco, nel territorio del comune di Pizzoli.
- Bivacco Andrea Bafile (2669 m). È situato sulla cresta sud-est della Vetta Centrale del Corno Grande. Costruito nel 1966 dal CAI, è sempre aperto per le emergenze. Si trova nel territorio del Comune di Isola del Gran Sasso d’Italia (TE).
- Rifugio San Nicola (1650 m). Situato nel versante teramano, sotto il “Paretone” del Corno Grande, sopra Casale San Nicola, nel territorio del comune di Isola del Gran Sasso.
- Rifugio Fontari: gestito da una società, di proprietà del consorzio “il Gran Sasso” (che gestisce gli impianti). È situato sopra le Fontari. Si trova nel territorio del Comune di L’Aquila.
- Rifugio Nicola D’Arcangelo (1665 m): situato sul versante nord del Vado di Corno (località Vaduccio) nel territorio del comune di Isola del Gran Sasso.
- Rifugio Miramonti Prati di Tivo, quota (1460 m) alle pendici del Gran Sasso d’Italia, Corno Piccolo – (comune Pietracamela).
- Rifugio Fonte Vetica (1632 m) (forestale): situato presso l’omonima fonte, possiede un locale sempre aperto per le emergenze, nel territorio del comune di Castel del Monte.
- Rifugio Racollo: nella parte meridionale di Campo Imperatore.
- Ostello Il Faro Verde (850 m): domina l’Alta Valle del Castellano ed è situato in Località Basto.