Gita Cai Chieti in Umbria: solidarietà e conoscenza del territorio

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La gita di primavera di tre giorni è prevista nel programma del CAI della sezione Majella di Chieti. La scelta è stata l’Umbria con il tema: DALLA SOLIDARIETA’ ALLA CONOSCENZA DEL TERRITORIO.

Siamo stati accompagnati dal consigliere centrale del Cai Eugenio Di Marzio. Il costo per il vitto, l’alloggio ed il trasporto è stato molto competitivo. Per l’albergo abbiamo preferito Monteluco, una frazione del comune di Spoleto (PG). Anche se la distanza da Chieti è circa 230 Km, il programma importante, ha consigliato di partire presto. La prima sosta al lago di Piediluco, “ai piedi del bosco sacro”. Il lago è alimentato dal fiume Velino e dal fiume Nera, è molto panoramico e immerso nel verde delle colline umbre. Originale la montagna dell’ECO per la sua forma di cono. Ce ne siamo resi conto emettendo un grido per riascoltarlo. In lontananza il monte Terminillo (2217 m) con ancora delle macchie di neve. Il giro del lago con il traghetto, quasi a contatto l’acqua, con il riflesso delle colline, delle anatre ed i pesci, ha offerto una magnifica esperienza. Proseguiamo per la CASCATA DELLE MARMORE formato dal fiume Velino che, vicino a Marmore, diventa affluente del fiume Nera. Ci siamo fermati a Terni per vedere alcuni monumenti e luoghi di interesse. Palazzo Spada sede del comune – Piazza Duomo – Piazza San Francesco con il santuario di San Francesco gestito dai salesiani, la cui congregazione fu fondata da San Giovanni Bosco. All’interno del santuario c’è una statua lignea dedicata al santo. Lo stile del santuario è romanico gotico. La facciata esterna nella parte mediana presenta un portale gotico sormontato da un piccolo rosone – Piazza Dante con una “Pressa” delle acciaierie. Dopo questa scorpacciata di cultura, c’è la voglia di arrivare a Monteluco, all’albergo.
Monteluco (804 m), è una frazione del comune di Spoleto PG. Il nome ha origine dal termine latino “lucus”, cioè Bosco Sacro, a testimonianza dell’importanza religiosa di questo luogo sin dai tempi antichi. Intorno all’anno 401, una comunità religiosa di monaci solitari provenienti dalla Siria, scelsero Monteluco per esprimere il loro eremitaggio ed alloggiando nelle tante grotte esistenti nel territorio. Molti eremiti sono diventati santi e beati. Per ricordarne alcuni, San Bernardino da Siena, Sant’Antonio di Padova, l’arcivescovo di Spoleto, Giovanni Maria Mastai, il futuro Papa Pio IX.
Anche San Francesco, si ritirò in solitudine in questo luogo e nel 1218 i monaci benedettini di San Giuliano, gli donarono la piccola cappella di Santa Caterina, all’inizio del bosco sacro, poi diventato eremo di san Francesco. Nel cortile c’è un alloggio che funge da noviziato per le persone che aspirano abbracciare la vita francescana. Fanno gli esercizi spirituali, pregano, godono del panorama, nel silenzio più assoluto. È un luogo per ritemprarsi. Anche Michelangelo si mise alla prova con questa esperienza. Dal Belvedere si ammira la Valle Spoletana, la città di Spoleto ed in lontananza, verso Nord Est, la basilica di Santa Maria degli Angeli ed Assisi.

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Il fitto bosco sacro è messo in evidenza dalla presenza del leccio, una pianta sempreverde. All’ingresso si incontra un cippo di pietra calcarea con una iscrizione risalente agli ultimi decenni del III secolo a.C. E’ un breve documento che imponeva regolamenti, per l’utilizzo dei boschi considerati sacri. A Monteluco arriva il primitivo percorso inserito nella “via Francigena di San Francesco”.
Il secondo giorno in programma c’è una escursione, accompagnati da uno staff eccezionale. Paolo Vandone Presidente Regionale Cai dell’Umbria – Sergio Pezzola Presidente della sezione Cai di Spoleto – Armando Lanoce Presidente della commissione centrale per l’escursionismo del Cai – Enzo Cori componente del Comitato Direttivo Centrale del Cai – Gabriella Moretti socia del CAI di Spoleto.
Gli amici Umbri hanno scelto una escursione indicata per tutti, da Sant’Anatolia di Narco PG (315 m) a Vallo di Nera PG, (333m), in Valnerina. Il nome Anatolia, (sorgere del sole), probabilmente è stato assegnato dagli eremiti provenienti dalla Siria. La struttura di Sant’Anatolia di Narco è prevalentemente medievale, con il borgo cinto dalle mura trecentesche, dominate da due torrioni del quattrocento e dalle botteghe cinquecentesche, costruite con tanta ingegnosità. La bottega ha una porta principale collegata ad una finestra con il davanzale, dove si posava la merce da vendere.
Enzo Cori ha risposto e soddisfatto le tante domande dei soci del CAI Chieti, con entusiasmo e preparazione, sulla flora, la fauna, la storia, l’ambiente. Abbiamo incontrato sul sentiero ben manutentato e segnalato, gli eremi abbandonati, vasti prati con i ciclamini, boschi di querce e di pino d’Aleppo, molto diffuso in Siria (da cui il nome Aleppo). Purtroppo la città è martoriata dalle guerre e dal sacrilegio dei beni archeologici. Arriviamo a Vallo di Nera, il borgo è custodito da una intatta cinta muraria e dalla torre. Le abitazioni del borgo ed i porticati di collegamento, sono realizzati in pietra, mentre le ripide vie in ciottolato, per questa caratteristica, Vallo di Nera lo chiamerei il” borgo di pietra”. Purtroppo non è stato possibile visitare le chiese perché non sicure per il terremoto. Le abbiamo viste dall’esterno. La chiesa di San Rocco, il lavatoio, la chiesa di San Giovanni, la Chiesa di Santa Maria Assunta. Queste due chiese hanno la facciata in stile romanico spoletino, si differenziano per il campanile e per il portale di ingresso, che nella Chiesa di Santa Maria Assunta è ogivale. Tornati a Sant’Anatolia, abbiamo ringraziato e salutato gli amici Umbri con un… “a buon rendere in Abruzzo”.

Prima di tornare in albergo abbiamo visitato un altro borgo medioevale, SCHEGGINO PG anch’esso protetto dalle mura, con le strette viuzze attraversate dagli archi in pietra. Abbiamo visitato la chiesa di San Nicola con le sue preziose tele. Giornata intensa sia culturalmente, sia sull’ambiente che per il territorio. Tornati in albergo, aspettando la cena, ho voluto ancora immergermi nel silenzio del bosco sacro, dove ho conosciuto dei giovani che trascorrevano alcuni giorni nella preghiera e meditazione, avendo come alleati l’immensità del creato. Dopo cena, anche se la temperatura esterna era freddina, sono uscito ed il cielo stellato mi ha bloccato nel contemplare i pianeti, le costellazioni, le luci intermittenti delle stelle, il tutto nel silenzio più assoluto.
Il terzo giorno era in programma la visita a Norcia, sconsigliata per le strade ancora impraticabili a causa terremoto. La scelta è SPELLO , cinta dalle Mura Romane. È una città d’arte e con i tanti addobbi floreali, è uno dei borghi più belli in Italia. Abbiamo attraversato le tre porte: la Porta Urbica la Porta Consolare, del I sec. a. Cristo. e la Porta Venere, con le due belle torri a base dodecagonale, (le Torri di Properzio).
La visita alla collegiata di Santa Maria Maggiore con la famosa Cappella Baglioni, il pavimento maiolicato di Deruta e gli affreschi del Pinturicchio, che sono considerati la sua migliore produzione. La chiesa di S. Lorenzo che presenta una facciata veramente suggestiva, con gli elementi decorativi del VIII secolo, la loggia del XII secolo, i rosoni del XVI secolo. Ciò a dimostrare che le numerosissime vicende storiche che hanno interessato la chiesa ed il suo convento si sono inevitabilmente ripercosse anche sull’intera architettura del manufatto, che ancora oggi mostra aspetti non del tutto chiari e di difficile lettura sia sul piano storico che su quello artistico.
Il borgo invoglia a restare, ma vogliamo visitare le FONTI DEL CLITUNNO. Le acque sorgive sotterranee, che fuoriescono da fenditure rocciose, alimentano un laghetto artificiale delimitato da un parco, costruito nel 1852. L’acqua limpida, assume una varietà attraente di sfumature di colori. Giosuè Carducci, conquistato dalla bellezza di queste fonti, dedicò a questo luogo tranquillo, una delle sue Odi Barbare, intitolata “Alle Fonti del Clitunno”. Una stele all’interno del parco, commemora la sua visita.
Bisogna tornare a Monteluco per pranzare, caricare le valige sull’autobus e far ritorno a Chieti. L’albergo Ferretti è gestito con professione ed amore dai proprietari, Massimo Ferretti con sua moglie Lorella. E’ posizionato in un luogo meraviglioso, suggestivo e incantato, immerso nella pace di un bosco splendido, arricchito di percorsi pedonali suggestivi, meta di pellegrinaggi e nel quale si respira un’aria mistica. Lo chef Massimo Ferretti, (appassionato di moto d’epoca), con un pizzico di creatività, arricchisce i piatti che cucina, con ingredienti sani. Per non dar fastidio all’ambiente dove lavora, la sala da pranzo è illuminata con una luce fioca. Il personale a servizio parla con voce bassa, per non sfatare questo ambiente ovattato. C’è molta educazione e la cucina è semplice e genuina.
Un arrivederci a questa regione dove abbiamo voluto manifestare la nostra vicinanza solidale ed un grazie agli amici del CAI Umbro per la loro amicizia e per averci accompagnato alla conoscenza di questo immenso e verde territorio.

I LETTORI: Luciano Pellegrini

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