Iannilli e D’Andrea vivranno in eterno su 100 vie del Gran Sasso
Emergono particolari sulla morte di Iannilli e D’Andrea sulla parete nord del Camicia. Le dichiarazioni dei familiari dei due esperti alpinisti che hanno aperto tantissime vie su tutto il Gran Sasso
foto: facebook
Una di quelle notizie che non vorresti mai scrivere. Ieri mattina, Paolo De Luca, maestro di sci a Prati di Tivo, mi contatta e mi dice che c’è stato un incidente sul Camicia. Mi dice che Roberto Iannilli e Luca D’Andrea sono caduti dalla Nord. Non si sa altro. “Speriamo”, aggiunge. Ma da lì a poco, purtroppo, si sa cosa è successo. Sono morti! Erano alpinisti esperti. Conoscevano il Gran Sasso bene, benissimo. Ne avevano aperte di vie insieme. Oltre 100. Sempre loro avevano dedicato una via sul Paretone a Pino Sabbatini, l’altro simbolo di questi anni del Gran Sasso scomparso nel 2014. La loro memoria e le loro gesta non moriranno. Il Gran Sasso parlerà sempre di una cordata affiatata che se n’è andata insieme. Legati nella morte come sulle tante pareti affrontate.
Allora ci tocca scriverne per far sapere cosa è successo all’alba del 21 luglio 2016. >>> LEGGI
Intanto trapelano particolari sulla loro morte. Sì, erano legati. Così li ha trovati il Soccorso Alpino. I loro corpi sono stati trovati a circa 1200 metri. La ricognizione cadaverica ha fissato la morte di entrambi al primo mattino. Sarebbero precipitati per quaranta metri perché erano ancora in una fase iniziale della scalata. Non sapremo mai se si è staccato un pezzo di roccia o sono stati investiti da una scarica dall’alto.
Nello strazio famiglia, amici, colleghi, tutti coloro che amano la montagna. Cristina, moglie di Luca, ha detto: “Sono morti dove volevano morire”.
I loro profili Facebook sono stati invasi di saluti, ultimi addii. E Giuliana, figlia di Roberto, in due post scrive: “Non posso credere che ci hai lasciato… papà, mi manchi”. “Papa mi hai lasciato un vuoto dentro di me”.
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