L’arte di vivere (e sopravvivere) al cb del Nanga Parbat
Alex Txikon ha pubblicato un bel po’ di materiale per far capire come si vive – o sopravvive – in un campo base invernale
E dice: Bisogna passare molte ore e combattere la stanchezza al campo base, che, credetemi, anch’esso richiede certamente arte e fantasia.
Questo, riassumendo, è un mini-nucleo isolato e completamente autonomo e di conseguenza vi convivono come se si trattasse di una mini-società persone di diversa provenienza, differenti culture e convinzioni, differenti sessi, personalità diverse, gusti, costumi, manie… diversi ruoli e anche obiettivi, e perciò abbiamo finito per acquisire e accettare differenti ruoli e differenti ruoli.
In base al budget sul quale conta una spedizione, esistono vari modi di venire al Nanga Parbat d’inverno. Chi ha la fortuna di avere un grande sponsor potrà ordinare cibo, carburante e gas senza limiti. La sua permanenza qui sarà senza dubbio più calda e serena.
Ma non è questo il caso. Il nostro contratto con la agenzia K2Pakistan comprende servizi limitati e concordati preventivamente (servizi impeccabili, senza dubbio) per 50 giorni (già siamo a più di 40), così che anche qui stringiamo la cintura per poter continuare a ottenere il massimo consumando il minimo.
Ecco alcuni dettagli che possono aiutare a capire come trascorre la nostra vita qui, a migliaia di chilometri da casa nostra.
Per esempio, (….) trucco chiave per poter ottimizzare al massimo il calore è fare un ambiente unico della tenda cucina e di quella dove si mangia (…) in modo che il calore che fanno i piccoli fornelli scaldi anche il luogo dove mangiamo e passiamo la maggior parte del tempo vedendo qualche film, leggendo, ascoltando musica, chiacchieriamo o ci occupiamo di quanto è necessario per comunicare, a esempio del server.
Al comando della cucina abbiamo Moshin Sadi (Golapur, 1976) che già era stato con noi l’anno scorso in questo stesso campo, capace di riparare generatori, ideare nuove forme di illuminazione e anche trattare contratture, oltre a elaborare una infinità di ricette partendo dagli stessi ingredienti irrimediabilmente congelati. Chili di riso e fagioli, pasta, uova, farina, qualche verdura, diverse specie locali che non conosciamo, e la carne delle capre che ammazzano qui guardando verso la Mecca. Questa è la base della nostra dieta, anche se abbiamo portato rifornimenti anche da casa.
Questa è la quinta spedizione invernale per Moshin, uomo esperto (….) Come aiuto cuoco, mano destra di Moshin, ci accompagna Zia Hayat Meer (Diamor, 1995 ma non ne è certo) che per cinque anni ha lavorato in vari hotel di Islamabad, Karachi e Lahore.
Loro garantiscono il controllo dei viveri e delle scorte di kerosene (per la cucina) e benzina (per il generatore) di cui disponiamo. È sempre utile controllare (….), se i portatori non possono arrivare fino qui a portare rifornimenti.
Tende personali
A parte la tenda comune, abbiamo le nostre tende personali per i momenti che preferiamo passare da soli, e ovviamente per le notti. Il generatore viene spento alle 20, momento a partir dal quale restiamo senza luce, così che normalmente alle 21 andiamo a dormire. La colazione non la facciamo prima delle nove perché il sole non scalda fino alle 10.30 così che è meglio sfruttare al massimo il calore che c’è nella tenda. Più è piccola, più è scomoda e però più calda. (….) In ogni caso per rendere più sopportabili le gelide notti contiamo su tre fedeli alleati: un buon sacco a pelo da campo base, la borsa d’acqua calda per i piedi e la cosiddetta ‘pee bottle’ – imprescindibile – che ci permette di urinare senza dover uscire nel freddo. (….)
Il paragrafo dedicato a igiene e doccia etc. forse è meglio considerarlo praticamente inesistente. Questa volta abbiamo una tenda-bagno (….) Per una doccia full-body serve sciogliere vari litri di neve, e perciò lo consideriamo un lusso (relativo, perché il freddo che si prende non è descrivibile) e ne abbiamo approfittato una sola volta da quando è iniziata la spedizione. Lavarsi i capelli più spesso invece è possibile, una volta scongelato lo shampoo e sempre e soltanto quando il fuoco della cucina è acceso per poter correre ad asciugarseli, pochi secondi sono sufficienti perché si induriscano e si congelino.
Rifiuti, un problema importante in una spedizione ad un Ottomila.
Pannelli solari e gestione dei rifiuti
Adesso abbiamo più ore di sole di quando siamo arrivati in dicembre, quando lo avevamo due ore e mezza, mentre ora sono quasi cinque. Il che ci permette di ottenere energia dai pannelli solari, energia che, come quella proveniente dal generatore, finisce in un trasformatore col quale carichiamo computer, telefono, telecamere e tutti gli apparati elettronici.
Badiamo anche a cercare di diminuire l’impatto che generiamo sull’ambiente separando i rifiuti che produciamo, anche se non negheremo che si tratta di una lotta perfino frustrante cercare di sensibilizzare i pakistani che ci accompagnano. Abbiamo preparato un grande buco coperto da una grata dove buttiamo i rifiuti organici dei quali di notte si nutrono le volpi.
Separiamo le pile come le bombole del gas; la carta e il cartone li bruciamo per ridurre il volume dei rifiuti che bisognerà portare giù alla fine della spedizione. Non è l’ideale, ma significa comunque un miglioramento rispetto a quel che si fa in questo Paese.
La buca scavata per gettare i rifiuti organici
Né il freddo, né le scomodità, né i desideri cesseranno mentre al campo base continueranno a esserci grandi dosi di amicizia, solidarietà e buone vibrazioni in generale. Ce lo diceva Simone Moro l’altro giorno: “le spedizioni invernali sono più un gioco psicologico che una pura sfida fisica”.
Fonte: Alex Txikon; traduzione La Gazzetta.it