Monviso, ancora frane sulla parete nord causa cambiamento climatico

Dopo la grossa frana dello scorso 26 dicembre altri due episodi nei giorni scorsi

Il Monviso si sgretola sempre più sotto i colpi del cambiamento climatico. Il “Re di Pietra” è stato nuovamente interessato da frane. Lunedì scorso. E giovedì scorso. Di nuovo sulla parete Nord da cui nel giorno di Santo Stefano del 2019 si erano staccati dei torrioni rocciosi, alla quota di 3200 metri.

 

leggi anche Frana al Monviso, crollano i Torrioni di Sucai

 

E non era la prima volta che quella parete veniva intaccata dalle frane. Da circa 20 anni la nord è soggetta a distacchi parziali dei torrioni. Il fatto è che negli ultimi mesi sono diventati più frequenti.

La montagna è è sotto stretta osservazione da parte dei tecnici Arpa che dopo vari sopralluoghi avevano considerato possibili altri fenomeni importanti.

A venire giù ghiaccio e roccia. Il boato è stato udito chiaramente a valle.

 

La frana di Santo Stefano

Il distacco sul Monviso si è verificato alla sommità del Torrione del Sucai. Indicativamente alla quota di 3200 m s.l.m. e si è sviluppato fino circa a quota 2800 m.
L’ampiezza della fascia rocciosa coinvolta è di circa 45-55 metri. Il materiale crollato, dopo aver percorso il canale sottostante il torrione, si è distribuito sul cono detritico preesistente tra le quote di 2650 e 2520 m.
Sulla base dei parametri dimensionali stimati è plausibile ritenere che il fenomeno abbia mobilizzato circa 200.000 metri cubi di roccia. E che i blocchi di maggiori dimensioni, distribuiti sul bordo inferiore dell’accumulo, raggiungano dimensioni di 150-250 metri cubi.

Nel recente passato

Il settore di parete dove si è sviluppata la frana aveva già dato segnali di attività nel passato. Come testimoniano i numerosi blocchi di grandi dimensioni presenti alla sua base. In particolare, dal confronto tra le fotografie aeree, si osserva un netto aumento dei massi nel periodo successivo al 2010.

 

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