Monviso, ecco perché la montagna frana
Le relazione dettagliata dell'Arpa Piemonte dopo i sopralluoghi effettuati a causa delle frane 2019 e 2020
Era il 26 dicembre 2019 quando un crollo interessò la parete nord-est del Monviso. Una frana di grosse dimensioni. E purtroppo non fu l’unica. Da decenni si verificano crollo. E dopo quello del dicembre 2019 al Torrione di Sucai nel luglio scorso.
Relazione Arpa
L’Arpa Piemonte ha stilato un resoconto di quanto accaduto sulla base dei sopralluoghi effettuati.
L’Arpa ha descritto con più precisione la frana sotto l’aspetto geomorfologico e ha focalizzato le probabili cause che ne hanno determinato l’attivazione, ovvero:
1) l’intensa fratturazione della roccia che caratterizza in generale il massiccio del Monviso e in modo più specifico alcune aree della parete nordest;
2) la degradazione del permafrost, la cui presenza, laddove gli ammassi rocciosi sono particolarmente fratturati, esercita un’azione cementante attraverso la presenza di ghiaccio nelle fratture.
Arpa Lo studio della fratturazione è stato condotto attraverso la fotointerpretazione della scena 3D della parete nordest del Monviso. Elaborata a partire da immagini aeree ortorettificate con risoluzione massima a terra di 3cm e modelli altimetrici di estremo dettaglio. Questa analisi ha evidenziato una configurazione geometrica e strutturale tipica per tutto il versante nord-orientale del Monviso. Che è stata in grado di generare un’alta predisposizione ai processi di instabilità per crollo.
Sulla base della classificazione gerarchico-strutturale e distributiva dei sistemi di discontinuità, sono in fase di realizzazione approfondimenti di carattere geologico-strutturale, elaborazioni geostatistiche e simulazioni traiettografiche.
Questi studi avranno la finalità di individuare: le aree a maggior fratturazione, le dimensioni dei blocchi rocciosi instabili e le aree di invasione di caduta blocchi.
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L’analisi della zona di interesse in relazione al permafrost è stata effettuata facendo riferimento ai modelli esistenti al riguardo vale a dire il modello APIM (Alpine Permafrost Index Map) e il modello PERMAROCK sviluppati nell’ambito del progetto europeo Spazio Alpino “Permanet”; le valutazioni effettuate evidenziano che il settore interessato dal crollo ricade nelle condizioni di permafrost “probabile”.
Questo risultato, valutato alla luce dei dati del monitoraggio del permafrost in Piemonte in corso dal 2009 da parte di Arpa Piemonte, conferma come probabile concausa del crollo la degradazione del permafrost stesso.