Nanga Parbat, il film di Hans Ertl sull’impresa di Hermann Buhl
Nanga Parbat, il film di Hans Ertl sulla spedizione austro-tedesca del 1953 partita da Monaco di Baviera guidata da Karl Herligkoffer. Spedizione che proverà di salire in vetta al Nanga Parbat tentata ripetutamente dagli alpinisti tedeschi nel corso degli anni ’30 e costata numerose vittime.
Il lungo viaggio viene effettuato in nave e poi in ferrovia attraverso il Pakistan fino a Gilgit; finalmente il campo base che sorge nella valle del Rakhiot ai piedi della grande montagna. L’assalto alla montagna procede, gli alpinisti sono spronati dalla notizia che l’Everest è stato conquistato dagli alpinisti inglesi.
Bisogna farcela prima dell’arrivo del monsone.
La squadra di punta riesce a piazzare il campo 5 e da qui Hermann Buhl inizia la sua ascensione solitaria verso la vetta che raggiunge alle 18 e 45 del 3 luglio. Sorpreso dal buio nel corso della discesa deve bivaccare, riesce a tornare visibilmente provato, ma incolume dai suoi compagni. Dal mondo dei ghiacci e delle alte quote la spedizione ridiscende le valli in piena fioritura fino al trionfale ritorno in patria.
Il film racconta di questa impresa.
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Hans Ertl
Hans Ertl (1908 Monaco di Baviera – 2000 Chiquitania, Bolivia) fu uno dei più importanti alpinisti del Novecento. Aprì grandi vie sulle nord dell’Ortles e del Gran Zebrù, scalò sul Karakorum e sulle Ande. Operatore e regista, divenne un esponente della corrente del Bergfilm, con Leni Riefenstahl, Arnold Fanck, Luis Trenker. Il ministro della Propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels lo assoldò per documentare importanti eventi uffi ciali, come le adunate di Monaco o il viaggio di Hitler a Roma. Ma il nazismo non contagiò Ertl. Anzi, tentò di sottrarsi agli incarichi ufficiali fin quando, scrisse la Riefenstahl, «Goebbels ordinò che fosse arrestato dalle SS». Fu lei stessa a salvarlo. Nel 1953 realizzò il film (durata: 96 minuti) della vittoriosa spedizione austro-tedesca al Nanga Parbat, fissando le indimenticabili immagini di Hermann Buhl di ritorno dalla vetta. Trasferitosi in Bolivia, fondò una fattoria e si dedicò al cinema documentario, anche con sua figlia Monika. Entrata nel movimento politico clandestino armato “Esercito di Liberazione Nazionale”, nel 1971 uccise Roberto Quintanilla Pereira, colui che ordinò di tagliare le mani al cadavere di Che Guevara. E due anni dopo venne assassinata da agenti segreti del regime di estrema destra boliviano, gettando il padre in un inguaribile dolore.
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