Nuovo allarme dall’Antartide: fibre sintetiche ovunque
I dati del nuovo studio raccolti dalla spedizione di ricerca dell'Endurance
Il nuovo studio ‘The transport and fate of microplastic fibres in the Antarctic: The role of multiple global processes”, pubblicato su Frontiers in Marine Scienceda un team di ricercatori britannici (Nekton Foundation e università di Oxford e dello Staffordshire) e sudafricani (università di Cape Town e Nelson Mandela – Pretoria) ha rivelato la scoperta di fibre di plastica sintetiche nell’aria, nei mari, nel ghiaccio campionato nel Mare di Weddell in Antartide. I dati sono stati raccolti dalla spedizione di ricerca per ritrovare l’Endurance la nave dell’esploratore antartico Sir Ernest Shackleton ritrovata il 9 marzo scorso a una profondità di 3.008 metri nel Mare di Weddell, a circa 6 chilometri da dove si era inabissata nel 1915.
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Lo studio
I ricercatori affermano che in tutti i campioni sono stati trovati poliesteri fibrosi, principalmente di origine tessile. La maggior parte delle fibre microplastiche identificate sono state trovate nei campioni di aria antartica, rivelando che animali e uccelli marini antartici potrebbero respirarle.
La biologa Lucy Woodall dell’università di Oxford e ricercatrice principale di Nekton La questione delle fibre microplastiche è anche un problema atmosferico che raggiunge anche gli ultimi ambienti incontaminati rimasti sul nostro pianeta. Le fibre sintetiche sono la forma più diffusa di inquinamento da microplastica a livello globale e affrontare questo problema deve essere al centro dei negoziati sul trattato sulla plastica.
Le aree più colpite
Le aree con un numero maggiore di fibre erano associate ai venti provenienti dal sud del Sud America e rivela che la Corrente circumpolare antartica e il fronte polare associato non agiscono, come si pensava in precedenza, come una barriera impenetrabile che avrebbe impedito alle microplastiche di penentrare nella regione antartica.
Tali correnti oceaniche e i venti sono i vettori dell’inquinamento da plastica che viaggia in tutto il mondo e persino negli angoli più remoti del pianeta.
Gli studiosi hanno anche scoperto che la concentrazione di microplastiche è molto più alta nel ghiaccio marino rispetto agli altri tipi di campioni.
Tecniche di studio
Per analizzare i campioni utilizzati nello studio, gli esperti britannici e sudafricani hanno utilizzato una serie di metodi investigativi che includono tecnologie ottiche (microscopia a luce polarizzata), chimiche (spettrometria Raman) e persino un nastro adesivo “crime scene”per identificare il tipo di polimero. L’analisi di modellazione ha utilizzato l’analisi Mass Back Trajectory.
Il futuro?
Secondo il team di ricerca, i risultati aggiungono maggiore urgenza a un trattato vincolante e concordato a livello globale per impedire alle microplastiche di entrare nell’ambiente, in particolare negli oceani e invitano i responsabili politici a ridurre l’inquinamento e la produzione di plastica a livello globale, creando un solido trattato globale sulla plastica che si basi su iniziative nazionali e regionali; allineare le azioni di riduzione della plastica con obiettivi naturali e sociali per ottenere molteplici risultati positivi per la società; consentire alle comunità locali di co-sviluppare e utilizzare programmi che supportino soluzioni per l’intero ciclo di vita per la gestione dei rifiuti di plastica. Anche le persone interessate possono fare la loro parte adottando semplici abitudini di vita per ridurre l’inquinamento da microfibre sintetiche.
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