Piolets d’Or 2024: ecco i vincitori, menzione speciale a Nives Meroi
L’obiettivo dei Piolets d’Or non è solo quello di riconoscere le ascese più significative dell’anno precedente, ma anche di promuovere, grazie a queste ascese, chiari messaggi etici riguardo alle pratiche alpinistiche. Il 2023 ha visto un notevole numero di ascese di altissimo livello eseguite in puro stile alpino, portando la giuria internazionale composta da Lise Billon (Francia), Aleš Česen (Slovenia), Toni Gutsch (Germania), Genki Narumi (Giappone), Enrico Rosso (Italia), Jack Tackle (USA) e Mikel Zabalza (Spagna) a premiare tre ascese con il Piolet d’Or e ad assegnare una Menzione Speciale per l’alpinismo femminile.
I vincitori Piolets d’Or 2024
Ecco i vincitori: ‘The Secret Line’ sulla parete nord del Tirich Mir in Pakistan di Kazuya Hiraide e Kenro Nakajima, ‘Round Trip Ticket’ sulla parete nord dello Jannu in Nepal di Matt Cornell, Jackson Marvell e Alan Rousseau e ‘Tomorrow Is Another Day’ sulla parete nord del Flat Top in India di Hugo Béguin, Matthias Gribi e Nathan Monard. Menzione speciale per l’alpinismo femminile è stata assegnata a Nives Meroi.
Le celebrazioni si terranno a San Martino di Castrozza dall’8 all’11 dicembre 2024.
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Il comunicato stampa degli organizzatori dell’evento.
Tirich Mir (7.708m)
Prima ascesa della “The Secret Line” sulla parete nord del Tirich Mir (7.708 m) nell’Hindu Kush, Pakistan, dal 17 al 23 luglio. Traversata della montagna tramite la discesa della via normale verso nord-ovest.
Il Tirich Mir è la montagna più alta dell’Hindu Kush ed è stata relativamente popolare nella seconda metà del XX secolo. Tuttavia, trovandosi nell’estremo nord-ovest del Pakistan, vicino al confine con l’Afghanistan, è accessibile passando per Chitral e ha visto un’attività quasi inesistente dal 2001 a causa della percezione di un rischio terroristico maggiore in quella zona. L’alpinista giapponese Kazuya Hiraide era interessato da anni alla parete nord e nel 2019 un agente locale gli aveva detto che i turisti stavano ottenendo il permesso di entrare nuovamente nell’area. Richiese allora il permesso, che gli fu negato. A causa del rifiuto e della pandemia da COVID-19 sopraggiunta in seguito, Hiraide e Kenro Nakajima hanno raggiunto la montagna solo nell’estate del 2023.
L’accesso diretto alla vasta parete nord del Tirich Mir è bloccato da una cascata di ghiaccio alta quasi 1.000 m, che una spedizione cecoslovacca del 1967, che stabilì l’attuale via normale tramite il Ghiacciaio Tirich Superiore e la cresta nord-ovest, aveva superato. Da allora la cascata di ghiaccio non è più stata scalata, ed è diventata molto pericolosa. Nakajima ha commentato di “non aver mai visto una cascata di ghiaccio con una distruzione così diffusa”.
La coppia giapponese aveva bisogno di una soluzione alternativa. Con delle foto satellitari, hanno tracciato un percorso nella base del ghiacciaio sotto la parete nord, che seguiva la sezione iniziale della via normale per poi attraversare un alto colle lungo la cresta nord-ovest del Tirich Mir. Dopo aver ispezionato il colle e nascosto dell’equipaggiamento, si sono acclimatati fino a 6.300 m sulla via normale e sono partiti dal campo base a 4.600 m il 17 luglio. Quella notte hanno campeggiato a 5.400 m e il giorno successivo hanno attraversato il colle a 6.200 m. il lato opposto era ripido ed esposto alla caduta di massi; le temperature erano più alte del normale quel mese. Optando per un approccio pragmatico, i due hanno installato quattro corde per facilitare un’eventuale ritirata. Con otto calate in corda doppia e un po’ di disarrampicata sono arrivati all’estremità occidentale della base del ghiacciaio. Lo stesso giorno, hanno attraversato la base, mai più raggiunta dopo il 1967, fino ai piedi della parete Nord e hanno campeggiato a 5.500 m.
Il giorno successivo, un percorso complesso li ha portati al terzo bivacco (6.150 m), dove hanno usato un’amaca da ghiaccio per costruire una piattaforma per la tenda. La neve e il ghiaccio difficile hanno portato a un quarto bivacco precario a 6.750 m. Più in alto li aspettava la parte più incerta della via: una grande barriera di seracchi. Fortunatamente, la mattina seguente sono riusciti a superarla a sinistra tramite ghiaccio compatto, raggiungendo il colle a 7.200 m tra il Tirich Mir e il Tirich West I, dove hanno montato il quinto bivacco. A quel punto avevano raggiunto la via normale, che arriva in questo punto dalla parte opposta. Il 23 luglio Hiraide e Nakajima hanno lasciato il loro campo e si sono diretti verso la vetta. Vi erano diverse linee sulla larga cresta superiore e i due hanno affrontato un paio di tiri ripidi, che hanno disceso in corda doppia durante il ritorno. Hanno arrampicato per la maggior parte in cordata, raggiungendo la vetta intorno alle 9:30 e rientrando al campo a mezzogiorno. Sentendosi ancora in forze, hanno continuato la discesa lungo la via normale, calandosi nel canalone decisivo fino al ghiacciaio Tirich Superiore, scendendo a 6.300 m. Il giorno successivo sono tornati al campo base.
Questa avventura lunga, complessa e altamente impegnativa è stata considerata dalla giuria una splendida traversata di una montagna d’alta quota. I membri della giuria hanno notato che quasi nessuna informazione era disponibile per l’ascensione della parete nord nascosta. L’uso di 200 m di corda fissa per accedere alla scalata (purtroppo non rimossa dopo l’ascesa) è stata considerata una pecca minore rispetto alla portata complessiva dell’impresa e alla sua riuscita.
Jannu (7.710m)
Prima ascesa della “Round Trip Ticket” (2.700 m, M7 AI5+ A0), una nuova via parziale sulla parete nord e cresta nord-ovest del Jannu, nel Kangchenjunga, dal 7 al 12 ottobre. Discesa lungo la stessa via.
Jean Franco, leader della prima spedizione a tentare il Jannu (anche noto come Kumbhakarna), descrisse la parete nord come “una delle più alte pareti del mondo. Nessuno ci salirà mai”. Inevitabilmente, nel 2004 fu smentito da un grande team di alpinisti russi che, al secondo tentativo in due anni, scalò quella che il leggendario svizzero Erhard Loretan, che aveva fatto due tentativi sulla parete, descrisse come “la più grande sfida dell’Himalaya”. La scalata fu straordinaria ma anche molto controversa: la parete, che inizia a oltre 7000m, è stata paragonata alla parete ovest del Dru e presentava difficoltà di 5.10d A3+ M6. Tuttavia, la squadra ricevette diverse critiche: gli alpinisti avevano assediato la parete per 50 giorni fissando quasi 3.400 m di corda e utilizzando ossigeno d’emergenza.
Nel 2021, Jackson Marvell e Alan Rousseau avevano stabilito il campo base sul lato nord del Jannu con l’intento di ripetere la via russa in stile alpino. Tuttavia, durante l’esplorazione della parete, notarono una possibile linea alternativa, che obliquava a destra per raggiungere la cresta nord-ovest a circa 7.500 m. Decisero di provare questo percorso, evitando così le vecchie corde e le attrezzature lasciate lungo la via. La cresta nord-ovest era già stata scalata in stile alpino nel 2007 da Valery Babanov e Sergey Kofanov, e l’ultima sezione verso la vetta coincideva con la via francese del 1983, che raggiungeva questo punto tramite lo sperone sud-ovest. Kofanov commentò: “Forse un giorno qualcuno salirà una via diretta sulla parete nord in stile alpino, ma dovrà accettare l’idea che si tratti di un biglietto di sola andata”.
Marvell e Rousseau raggiunsero i 7.200 m, guadagnando preziose conoscenze sulla via. Tornarono nel 2022 con Matt Cornell, ma Marvell dovette partire prima, e gli altri due non riuscirono a salire oltre i 6.500 m a causa di venti forti e temperature rigide.
I tre sono tornati nel 2023, dopo aver perfezionato il loro sistema di scalata in Alaska sul Monte Dickey, con la via “Aim for the Bushes” (1.525 m, AI6 X M6), una delle scalate più significative dell’anno fuori dall’Asia. Il 7 ottobre hanno lasciato il campo base con un sistema di bivacco leggerissimo per tre persone, che includeva due capsule gonfiabili G7 (portaledge). Hanno portato con sé anche una previsione di sette giorni di bel tempo. Scalando uno sperone di roccia e 300 m di cascata di ghiaccio, hanno raggiunto un sistema di rampe ripido di 1.100 m, affrontando difficoltà su neve, ghiaccio e misto, e sono arrivati a circa 7.100 m, poco sotto il loro punto massimo del 2021, nel pomeriggio del 9 ottobre.
Sopra i 7.200 m sono saliti a destra su terreno nuovo nella sezione più ripida della parete, fino a raggiungere un bivacco sospeso a 7.300 m. L’11 ottobre hanno affrontato il tratto chiave della via, una sottile lastra di ghiaccio verticale seguita da una sezione complicata di arrampicata su misto. Si sono accampati a un tiro dalla cresta nord-ovest, a 7.500 m. Il giorno seguente hanno concluso la via francese del 1983, raggiungendo la vetta nel tardo pomeriggio. Sono tornati alle capsule alle 23 e il 13 ottobre sono scesi lungo la via con calate su Abalakov, arrivando al campo base intorno a mezzanotte.
Marvell e Rousseau sapevano di avere diverse dita congelate. Il giorno seguente hanno preso in considerazione il rischio d’infezione che avrebbero comportato cinque giorni di cammino e i tre di viaggio in auto per arrivare a Kathmandu. Vennero inoltre informati da alcuni amici negli USA che una clinica a Kathmandu offriva un trattamento endovenoso che, se somministrato entro 72 ore, avrebbe potuto limitare i danni. Hanno quindi deciso di chiamare l’elicottero. Grazie a questa cura, entrambi hanno perso solo la punta di un dito.
La giuria è stata unanime: questa è stata un’impresa straordinaria che ha portato l’arrampicata tecnica in stile alpino a un nuovo livello. La combinazione di lavoro di squadra, visione strategica, abilità tecnica e esperienza, insieme all’evoluzione dell’attrezzatura, ha aperto un nuovo capitolo nella storia delle ascese himalayane, che sarà fonte di ispirazione per le future generazioni
Flat Top (6.100m)
Prima salita della “Tomorrow Is Another Day” (1.400 m, ED, 5c A2 WI4 M6) sulla parete nord del Flat Top in Kishtwar, Himalaya, dal 2 al 6 ottobre. Discesa dalla parete ovest mai scalata prima.
Le cime alpine granitiche del Kishtwar nell’Himalaya indiano si trovano nel territorio conteso di Jammu e Kashmir, una regione che per decenni è stata teatro di conflitti tra forze armate indiane, militanti e separatisti. La situazione indo-pakistana è rimasta irrisolta dal 1947. Gli anni ’70 e ’80 hanno visto toccare l’apice dell’alpinismo in questa regione, dopo di che il dilagare delle insurrezioni ha reso l’area inaccessibile per gli alpinisti stranieri, soprattutto dall’ovest tramite la città di Kishtwar. Di recente, la situazione è migliorata e molte delle splendide vette ancora inviolate sono ora accessibili.
Una di queste è la parete nord del Flat Top (6.100 m) nel Brammah, che aveva visto solo un’altra ascensione nel 1980, lungo la cresta est. Nel 2018 un team composto da due ango-neozelandesi scalò circa 700m dello sperone nord ma fu sconfitta dal maltempo. Fallì anche il loro tentativo successivo sulla cresta est.
Dopo aver previsto una finestra di bel tempo di quattro giorni, tre giovani alpinisti svizzeri – Hugo Béguin, Matthias Gribi e Nathan Monard – hanno lasciato il loro campo avanzato il 3 ottobre del 2023. In condizioni meteorologiche perfette hanno seguito una linea evidente al centro della parete nord, svoltando a destra dopo 600 m per raggiungere la cresta nord. La traversata in salita, scalata il secondo giorno, si è rivelata il tratto più difficile. Al di sopra, arrampicata tecnica sulla cresta (dove possibile) e sul fianco sinistro li ha condotti alla vetta alle 19:00 del 6 ottobre, dopo di che i tre sono scesi lungo la ancora inesplorata parete ovest della montagna (15 calate in corda doppia) per bivaccare sul ghiacciaio a ovest della loro via d’accesso. Il giorno successivo hanno attraversato la lunga cresta che si collega al Brammah I, si sono calati sull’altro lato e hanno raggiunto il campo avanzato.
La giuria ha ritenuto che fosse una linea elegante e tecnicamente difficile su una cima affascinante, in un’area poco visitata negli ultimi 40 anni. È stata scalata in perfetto stile alpino e la montagna è stata attraversata senza incidenti.
La Menzione Speciale Alpinismo Femminile 2024 a Nives Meroi
I Piolets D’Or mirano a promuovere l’alpinismo femminile con una Menzione Speciale a una spedizione formata da sole donne che abbiano completato un’ascesa significativa su una grande catena montuosa, oppure a una o più alpiniste che abbiano avuto un ruolo di primo piano in una spedizione mista, oppure a una sola alpinista per premiare più ascese svolte negli anni. Nel 2024 la Menzione va a un’unica alpinista, l’italiana Nives Meroi, per l’insieme delle sue imprese.
Nel 2023 la più importante via di alta quota ad essere stata aperta da un’alpinista donna è stata la “Diamonds on the Soles of the Shoes” sulla parete ovest del Kabru Sud (7,318m) nel Kangchenjunga. È stata la seconda ascensione sul Settemila più a sud del mondo e la prima ascensione riuscita su una delle cime del Kabru dal Nepal. Dopo una prima ricognizione seguita da un tentativo fallito a 5.600 m, Peter Hámor, Bojan Jan e la squadra formata da marito e moglie, Romano Benet e Nives Meroi, hanno scalato la parete in stile alpino in quattro giorni.
Benet e Meroi sono noti soprattutto per aver scalato pareti oltre gli Ottomila in coppia con poco o nessun sostegno oltre il campo base. Hanno sempre scalato senza ossigeno supplementare e per la maggior parte senza campo fisso, bensì montando la propria tenda. Su 8 degli Ottomila sono stati i primi della stagione a raggiungere la cima, prima che la via venisse attrezzata. La coppia ha scalato lo Shisha Pangma et il Cho Oyu nell’arco di 10 giorni e Gasherbrum I, II e Broad Peak in 20. Nives Meroi è stata anche la prima italiana a scalare l’Everest senza ossigeno. Tuttavia, nel 2009, a 7.500 m sul Kangchenjunga, Benet, sempre più debole, cercò di convincere Meroi a proseguire verso la cima da sola. Lei si rifiutò e la coppia fece marcia indietro e Benet scese sano e salvo grazie all’aiuto di Meroi. La malattia di lui si rivelò più grave del previsto e solo nel 2014 poterono tornare sulla montagna per raggiungere la cima.
Benet e Meroi si sono conosciuti a fine anni 70, quando lei aveva 19 anni, e si sono sposati nel 1989. Per molti anni hanno vissuto nelle Alpi Giulie, vicino alla frontiera slovena. Qui, hanno scalato diverse vie, come l’Helba sulla parete nord del Triglav, e hanno compiuto le prime ascensioni invernali del Pilastro Nord (Bellini-Perissutti-Piussi) sul Piccolo Mangart di Coritenza e i 10 km della celebre Cengia degli Dei di Comici sul Jôf Fuart. Sulle Alpi Carniche hanno ripetuto lo spigolo integrale nord della Sfinge della Grauzaria, che viene scalato solo di rado. Sulle Dolomiti, tra i loro successi si contano numerosi classici impegnativi, come la Brandler-Hasse sulla parete nord della Cima Grande di Lavaredo, lo Spigolo Strobel sulla Rocchetta Alta di Bosconero e le vie Lacedelli e Skotonata Galactica alla Cima Scotoni.
La coppia ha scalato anche in Perù, nel Gangotri (una nuova via sulla parete nord del Bhagirathi II, 6 512 m), e sul Xinjiang, dove hanno tentato di salire per primi in assoluto la parete cinese del Gasherbrum II. Pur non riuscendo a scalare quest’ultima, raggiunsero diverse cime fino a 6500m mai scalate prima.
Diversamente da molti alpinisti che sembrano abbandonare l’alpinismo serio una volta raggiunti gli Ottomila, Nives Meroi ha continuato a cercare di realizzare delle ascensioni importanti in alta quota come il Kabru o, più recentemente, la cima Yalung. La verità sulle sue imprese è per lei di un’importanza fondamentale. Nel 2010 ha ottenuto l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, il più alto degli ordini della Repubblica Italiana, e nel 2016 la coppia ha ricevuto il King Albert I Mountain Award.