Recovery Plan, nove proposte di Federparchi su biodiversità e Parchi

Audizione a Montecitorio: le proposte vertono su tutela e ripresa in chiave di sviluppo sostenibile

Federparchi a Montecitorio sul PNRR, nove proposte per rimettere al centro la tutela della biodiversità e il ruolo dei parchi per la ripresa in chiave di sviluppo sostenibile

Tre proposte a Costo zero per lo Stato, sei proposte di modifica del PNRR (Recovery Plan) per la valorizzazione e il rilancio delle aree protette

Recovery Plan

Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) non vi è alcun riferimento dettagliato alla tutela della biodiversità, né tantomeno al ruolo che le aree protette possono svolgere. Un piano di ripresa per il Paese, alla luce della politica europea sul Green Deal e della Strategia Europea per la Biodiversità 2030, non può prescindere dall’adottare misure dirette e specifiche di protezione e restauro della biodiversità e degli ecosistemi e porre attenzione particolare  alla protezione e all’uso sostenibile delle risorse terrestri e marine. Occorrono misure, alcune a costo zero, per mettere il sistema italiano dei parchi in condizione di offrire un contributo da protagonisti per la ripresa in chiave sostenibile del Paese.

Sono questi i concetti espressi dal presidente di Federparchi Giampiero Sammuri nel corso dell’Audizione del  2 febbraio presso la Commissione Ambiente di Montecitorio in merito al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR (Recovery Plan). Federparchi ha  consegnato un dossier con le sue valutazioni di merito  sul PNRR e le proposte.

In questo contesto è veramente singolare che lo stato italiano limiti la possibilità di spesa degli enti parco, non sulle risorse che dovranno essere stanziate, ma su quelle che giacciono nelle casse dei parchi nazionali. – ha affermato Sammuri – Stiamo parlando di oltre 120 milioni di euro, una goccia rispetto al PNRR, ma sono risorse che già ci sono e vanno semplicemente sbloccate, consentendo agli enti una gestione per budget e non l’attuale limitazione che impedisce di spendere oltre un certo limite per l’acquisto di beni e servizi.

 

Le nove  proposte di Federparchi per il  PNRR

Azioni che non richiedono nuove risorse economiche        

1 – Sbloccare il limite per spese per beni e servizi per i parchi nazionali

2 – Estendere i finanziamenti per il clima alle aree protette regionali ed ampliare la tipologia dei progetti finanziabili

3 – Permettere alle aree protette di generare più facilmente entrate proprie gestendo direttamente servizi di carattere turistico che, attraverso l’elevata qualità, siano da traino alla ripresa del settore

Azioni da finanziare con risorse del PNRR

4 – Piani d’azione e monitoraggio, almeno all’interno delle aree protette, per le specie animali e vegetali inserite nelle direttive europee o che siano minacciate di estinzione rispetto alle Liste Rosse italiane.

5 – Interventi di miglioramento e ripristino degli habitat nelle aree protette.

6 – Favorire la gestione forestale sostenibile, migliorare la capacità di assorbimento della CO2 delle superfici e dei suoli forestali e delle praterie, comprese le praterie marine di posidonia. Aumentare la resilienza delle foreste e degli habitat marini ai cambiamenti climatici e favorire l’erogazione dei servizi eco-sistemici.

7 – Infrastrutture per la fruizione turistica e la divulgazione ambientale nelle aree protette (Centri visita, strutture ricettive, centri di educazione ambientale, piste ciclabili).

8 – Creazione della “grande rete nazionale dei parchi”, che metta a sistema i valori naturali e culturali di tutti i parchi italiani attraverso un portale nazionale valorizzato anche dall’Enit.

9 – Implementare un progetto unico nazionale per il settore “Parchi e One Health” in cui i parchi e le aree protette costituiscano l’hub operativo.

La gestione e la governance dei Parchi

Federparchi ha messo in evidenza anche una serie di problematiche che riguardano la gestione del sistema delle aree naturali protette e che ne limitano le potenzialità sia in termini di conservazione naturalistica che in termini di sviluppo sostenibile e creazione di posti di lavoro.

Federparchi ha chiesto più volte che Zone Economiche Ambientali, istituite nel 2019, vengano estese  anche ai Parchi regionali, che costituiscono una parte rilevante dell’insieme del territorio tutelato con il loro patrimonio di bellezze ed eccellenza naturalistiche. I Parchi regionali sono, tuttavia, la parte economicamente più debole, una condizione che pone gli enti gestori spesso in condizioni di gravi carenze in termini di dotazioni di risorse economiche ed umane e, quindi, nella estrema difficoltà a portare avanti la loro missione.

Vanno inoltre considerate le difficoltà delle Aree Marine Protette (anche se ultimamente sono stati incrementati i fondi) e del reticolo di riserve statali e regionali e dei siti Natura2000. Il problema principale, in termini di politiche di  sistema, è la incomunicabilità istituzionale dei vari comparti, con particolare riferimento ai parchi regionali. Al di là della collaborazione nell’ambito dell’attività di Federparchi, non esiste, tra parchi nazionali e regionali, un coordinamento strategico in quanto essi rispondono a legislazioni e istituzioni diverse e autonome in materia (lo Stato e le Regioni). Federparchi propone di attivare almeno una forma di coordinamento quale potrebbe essere la rimodulazione del Piano Triennale della Aree protette previsto dalla legge 394 e da anni inattivato. Uno strumento che potrebbe dare all’azione dei parchi un respiro unitario e una visione strategica comune, in grado di affrontare le sfide del futuro e cogliere in pieno le opportunità che si stanno mettendo in campo sia a livello nazionale che internazionale per far ripartire il Paese.

Nel documento vengono analizzate tutte le misure del PNRR  nell’ambito delle quali i parchi possono e devono svolgere un ruolo rilevante sia per la tutela della biodiversità che  in chiave di sviluppo sostenibile.

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