Si accendono i riflettori sul Dhaulagiri
Sulla Montagna Bianca (la 7^ più alta della Terra) ci sono varie spedizioni. Dall'82enne Soria a una spedizione tutta al femminile, dall'alpinista col rossetto al trio sull'inviolata cresta nord-ovest...
Tocca al Dhaulagiri. Dopo l’Annapurna, dove abbiamo visto un elicottero portare attrezzatura a C4 agli alpinisti pronti per l’attacco alla vetta (leggi QUI), il campo base del Dhaulagiri si è animato. A tentare la 7^ montagna del pianeta (la Montagna Bianca), soprattutto per la via normale, ci sono una trentina di alpinisti e sherpa.
Al cb è arrivato Carlos Soria, l’82enne spagnolo che per la 12^ volta tenta il Dhaulagiri (sarebbe il suo 13* Ottomila, gli manca anhce lo Shisha Pangma). Arrivato al cb in elicottero. Con lui ci sono Sito Carcavilla e Luis Soriano.
Sulla montagna stanno già lavorando vari team, tra questi la spagnola Stefi Traguet, è arrivata a C1 (5.850 mt) e oggi tenterà di salire sino a C2, con lei lo spagnolo Jonatan Garcia, e anche Carla Perez e “Topo” Mena (hanno abbandonato il tentativo sulla cresta nord-ovest dopo il dietro-front di Cory Richards).
Carla perez Abbiamo unito le nostre forze con Jonathan Garcia e Stefy Troguet e siamo andati a dormire due notti nel campo 1 a 5,850 m. e abbiamo toccato il camp 2 a 6,450 m. Al momento non c’è stato nessun altro sulla montagna e noi 4 siamo stati soli a C1 e oltre.
Sono stati bei momenti lassù; abbiamo riso tanto per non farci prendere dal panico, per i seracchi sulla via per C1, stanchi per l’apertura della pista con zaini pesanti, diverse piccole cadute sui crepacci, ma super felici. Proveremo a fare un’altra rotazione e poi aspettiamo una finestra di vertice.
Sulla cresta nord-ovest
Sulla cresta nord-ovest c’è il team rumeno-slovacco formato da Horia Colibasanu, Peter Hamor, e Marius Gane. In questi giorni sono saliti sulla parte più ripida della via.
Colibasanu Siamo riusciti ad equipaggiare tutta la parete fino al Campo 1. È stato difficile arrampicarsi perché il percorso è cambiato. Quest’anno c’è meno neve, quindi abbiamo più da arrampicarci sulla roccia. Da mille metri a lì, ho messo un chilometro e qualcosa di corda. Abbiamo dovuto bypassare le porzioni, andare a zig zag.
Le corde da noi fissate nel 2019 sono scomparse sul 90% del percorso. Abbiamo dovuto rifare tutto. Ci sono stati giorni in cui ho avanzato solo 40 metri. Ad una porzione di 5 metri sono rimasto 1 ora e mezza. Alla fine ci hanno aiutato anche i 150 metri trovati dalla vecchia corda, così ci siamo mossi abbastanza bene. Rispetto a due anni fa abbiamo 20 giorni di anticipo. Siamo andati più veloci anche perché conosciamo il percorso.
Domani (oggi, ndr) andiamo al Campo 1 a dormire lì una notte e poi cominciamo a attrezzare il percorso più alto.
Missione cresta nord-ovest del Dhaulagiri. È un sogno che dura da tempo. È il sogno dello slovacco Peter Hámor (14 Ottomila senza ossigeno supplementare) e i rumeni Horia Colibasanu e Marius Gane.
Ci hanno provato nella primavera 2019, niente da fare. Nemmeno a lanciare un attacco alla vetta.
Poi sono ripartiti l’anno successivo (con loro anche un altro slovacco, Michal Sabovcik) ma arrivati a Kathmandu è stata dichiarata la pandemia da Covid-19 e il Paese ha chiuso tutto. Alla fine si sono dovuti arrendere.
Nel 2008 ci provarono i russi Valery Babanov e Nikolay Totmyanin. Non raggiunsero i 5000 mt a causa del maltempo.
Quella cresta inviolata
Spedizione internazionale tutta al femminile
Spedizione tutta al femminile al Dhaulagiri. A capitanarla c’è la svizzera Sophie Lavaud. Il team è composto da altre otto alpiniste. Sandra Leal, Caroline Fink e Lisa Roosli (Svizzera), Uta Ibrahimi (Albania/Kosovo), Viridiana Alvarez (Messico), Klara Kolouchova (Repubblica Ceca), Naoko Watanabe (Giappone) e Maja Sherpa (Nepal).
Sophie Lavaud
Capospedizione è Sophie Lavaud, una garanzia. Lavaud, classe 1968, è stata la prima donna svizzera a raggiungere la vetta del K2 e di altri Ottomila. Nel totale sinora ha scalato 11 Ottomila.
È stata soprannominata “The 88.000 Lady”: dai suoi primi 8.000, nel 2012, il suo soprannome è cambiato regolarmente, aumentando ogni volta di 8.000.
Il progetto sociale
La spedizione sostiene il progetto di Terre des hommes “Prayaas” di cui Lavaud è ambasciatrice in Nepal da alcuni anni.
Lavaud Prayaas significa sforzo in nepalese. Questo progetto, situato nella provincia di Bardiya, contribuisce a migliorare le possibilità di sopravvivenza delle donne incinte e dei neonati attraverso una migliore formazione degli assistenti al parto nelle zone rurali.