Tamara Lunger via dalla Spagna: “K2 ancora dentro di me. Montagne mie abbiate pazienza”
L'alpinista altoatesina abbandona il suo tour in Spagna dove si era ripromessa di scalare tutti i Tremila. All'improvviso i tragici fatti del K2 dello scorso inverno sono riaffiorati...
Tamara Lunger è rientrata in Italia dalla sua avventura del Tour in Spagna. In un lungo post sui suoi canali social l’alpinista altoatesina, nella sua consueta e diretta comunicazione, ha scritto tutta la sua delusione per non aver chiuso il progetto che prevedeva la salita di tutti i Tremila della Spagna.
Il motivo? Non si è ancora ripresa del tutto dai tragici eventi del K2 dello lo scorso inverno. Lì dove persero la vita Juan Pablo Mohr, Sergi Mingote, Atanas Skatov, Muhammad Ali Sadpara e John Snorri. Per Tamara è stata una prova tremenda. E, a distanza di un anno, qei tragici eventi tornano alla mente ancora violenti e le hanno fatto prendere questa decisione…
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Tamara Lunger Venerdì era una bellissima giornata sopra un mare di nubi e mi sentivo così bene, ero in paradiso. Il programma era di salire il Veleta, l’Alcazaba e il Mulhacen.
Era tutto innevato, con una luce favolosa, un freddo e un vento fortissimo percepito da ogni centimetro del mio corpo.
È vero che la sera prima ho avuto delle sensazioni strane, non buone, ma non ci volevo far caso, volevo concludere il tour come da programma e chiudere con una bella giornata sulla Sierra Nevada.
Tutto procedeva liscio finché sono arrivata giusto sotto la cima, certo soffrendo il freddo ma niente altro e all’improvviso, senza nessun segnale, sono scoppiata in lacrime. Non so esattamente cosa di preciso, ma qualcosa mi ha catapultato indietro nel tempo alle ore più difficili della mia vita, quelle sul K2! Sono riaffiorate la paura e tutte le emozioni di quei momenti.
Guardavo il Mulhacen e l’Alcazaba e sentivo una fitta nel cuore. Nessuna felicità o piacere per essere lì in quel momento a completare queste cime. Solo un immenso dolore.
E questo mi ha portato a prendere la decisione che per me tutto finiva lì, sulla cima del Veleta.
Non me la sono sentita di scalare con quel dolore dentro. Per me non ha un senso.
Invece ho seguito l’impulso di scendere a Granada, e accendere una candela per i miei amici che non ci sono più, una per @jpmohr, una per @segomingote, una per @atanasskatov, una per @ali e una per @johnsnorri e di ritornare “di corsa” a Parets, il paese di Sergi.
Ecco questo è uno di quei momenti in cui mi chiedo, se pur seguendo il mio istinto, le mie emozioni e i miei pensieri, e quindi avendo fatto la scelta del restare fedele a me stessa, non ci sto in realtà perdendo perché di mezzo ci finisce anche la delusione: prima di tutto mia perché quando mi fisso un obiettivo lo voglio portare a compimento, e poi la delusione degli altri, ai quali ho dichiarato l’obiettivo e che ho portato con me nel mio percorso.
Ho fallito: non ho fatto tutte le montagne sopra i 3000 m. come mi ero imposta di fare per questo tour.
Quindi sì, per la Tamara “classica” c’è ancora una volta la soddisfazione di essere riuscita a dare ascolto a se stessa, ma allo stesso tempo c’è di mezzo l’amaro sentimento della delusione.
In questi giorni a casa di Miriam – la moglie di Sergi – ho preso consapevolezza di un sacco di cose.
Mi rimbalza in testa quella frase che tante volte ho visto passarmi davanti agli occhi “per tornare a casa a volte bisogna fare un grande giro”.
Dove il “tornare a casa” è anche capire perché veramente si è partiti.
Ho capito che se anche sono partita con l’idea genuina, un vero e proprio progetto, di replicare il Tamara Tour Italia in un territorio diverso, non era solo il territorio ad essere diverso.
Ero io diversa. Lo scorso anno avevo energia da vendere e la voglia di regalarla agli altri. Dopo un lockdown sofferto da tutti, avevo la voglia di mostrare che si può sempre attingere dalle proprie risorse per poter creare qualcosa di nuovo e qualcosa di bello anche da una brutta situazione.
Questa volta sono partita inconsapevole del fatto di essere io, ancora, in una brutta situazione e che l’aver avuto la mia famiglia, i miei amici e Davide vicini e di supporto, l’aver scritto un libro su tutto quello che ho visto e passato al K2 – e quindi l’aver tirato tutto fuori – non è stato sufficiente per farmi tornare la Tamara di prima, o essere una nuova Tamara ma di nuovo piena di energia anche da dare agli altri.
Ho capito che questo tour non aveva il senso di farmi scalare le vette della Spagna come da mio programma meticoloso, ma quello di farmi diventare consapevole che il K2 è ancora tanto dentro di me, che i miei amici che non ci sono più sono ancora dentro di me, ma non nel modo positivo che tanto tanto tanto vorrei già fosse. Sono ancora profondamente scossa, addolorata e triste per la loro mancanza.
Ho capito che questo tour, alla fine “per caso” iniziato e finito a Barcellona con Miriam e tutta la famiglia di Sergi, è stato il modo per farci tutti sentire una stessa unica famiglia, ancora nel lutto e desiderosi di vivere e di far tornare i nomi e i ricordi in vita con gioia, ma che tutti abbiamo ancora un lungo percorso da fare e solo INSIEME lo possiamo fare. E se c’è una cosa di cui essere grati e felici è che Dio, l’universo, i nostri amici che non ci sono più, hanno trovato un modo per riunirci tutti.
Dichiaro apertamente che anche se pensavo di sì, è no, no non sono ancora pronta per le grandi montagne e le grandi avventure. Magari voi lo avevate capito, ma io no. Ho bisogno di tempo, ho bisogno di tornare a pensarle da persona felice, perché loro sono la felicità per me, ma mi rendo conto che, come in tutte le relazioni, la felicità ci sarà anche quando io riuscirò a dare non solo a ricevere, quindi “montagne mie abbiate pazienza”.
Nel frattempo continuerò a condividere con voi quello che vivo e lo sport che è tutto per me. Continuerò a condividere umilmente pensieri ed emozioni convinta sempre più che “sharing is caring”, che in italiano mi piace tradurre con “condivisione è amore”, che è quello che nei momenti più bui ci può salvare, e che in quelli gioiosi ci può portare ancora più in alto.
Sono grata per tutto ciò che vivo e tutti coloro che incontro, tutti i super atleti e amici che ho incontrato in questo tour, i miei sponsor fatti di persone prima che di aziende che sono sempre al mio fianco e credono in me, la mia famiglia, il mio team del dietro le quinte e Davide che forse l’aveva vista lunga e si è ingegnato per essere al mio fianco in questo tour. Il suo abbraccio nel momento dello sconforto mi da la forza e la speranza che questa montagna dentro di me, tutta nuova e così difficile, riuscirò a scalarla!