Un concerto di bramiti nel Parco nazionale d’Abruzzo
Con quattro amici, del CAI di Guardiagrele CH e di Lanciano CH, ho fatto un’escursione al Monte Tartaro (2191 m), una cima della catena dei Monti della Meta, compresa all’interno del Parco Nazionale d’Abbruzzo, Lazio, Molise, fra i comuni di Alfedena (AQ), Picinisco (FR) e Pizzone (IS). Oltre al Monte Tartaro (2191 m), le cime più alte dei Monti della Meta sono, il Monte Petroso (2247m), il Monte Cavallo (2039m), il Monte a Mare (2.161 m.), il Monte Altare (2.174 m.), il Monte Meta (2.242 m.), la Metuccia (2.105 m.), il Monte Forcellone (2.030 m.), la Torretta di Paradiso (1.976 m.), il Monte Mare (2.020 m).
I rilievi più bassi dello stesso massiccio, al confine tra Lazio e Molise, sono noti con il nome di Mainarde. Su queste montagne la presenza dell’uomo era stabile, non stagionale e pastorale come per i Monti della Meta, perché il clima era meno rigido.
Protagonista e dominatore incontrastato del superbo scenario montuoso, è sicuramente l’orso bruno marsicano, con le sue caratteristiche di orso solitario e vagabondo.
Accanto all’orso sono da segnalare senz’altro i branchi di lupo, in continuo movimento in cerca di prede e gli ungulati. L’ habitat è ideale per il camoscio d’Abruzzo, i caprioli, ed i cervi, che sono facili da avvicinare e fotografare …. Infatti…, siamo venuti ad osservarli.
Il sentiero inizia dal parcheggio nella località Campitelli, a 10 KM da Alfedena AQ, (1420 m), e seguendo la segnaletica L1, direzione OVEST, abbiamo attraversato una fitta faggeta, raggiungendo il Fortino Diruto, (1.775 m). Il Fortino era un’antica casermetta utilizzata nella seconda metà dell’Ottocento sia per vigilare le bande di briganti che in quel periodo si rifugiavano sui monti per fuggire all’assedio della Guardia Nazionale e sia per assicurare il passaggio ai monaci, i pastori e commercianti che si dirigevano al Passo dei Monaci, (1986 m).
Dai ruderi del fortino, abbiamo preso la direzione (ovest- nord-ovest) per il Monte Tartaro, (2191 m), seguendo una segnaletica “fai da te”. Una “T per Tartaro” e le frecce che indicano il percorso. Ci siamo addentrati nell’ampia conca dei Biscurri, un altopiano ondulato… Purtroppo nessuna presenza dei cervi.
Però, a quota (2.005 m), dove c’è un grosso ometto di pietre, un forte odore caprino ci ha bloccati. Un bramito ci ha confermato che c’erano i cervi. Ci siamo affacciati nell’anfiteatro della Valle Lunga dove all’incirca un centinaio di cervi stavano ad abbeverarsi in un laghetto. Il mantello, di colore bruno – rossiccio, si mimetizzava con il colore dell’erba e la terra. Purtroppo erano distanti. I cervi, tranquillizzati che non correvano pericoli, hanno iniziato un concerto di bramiti durato circa un’ora. Soddisfatti, abbiamo risalito la cresta nord/est del Monte Tartaro, che in questo tratto si fa più stretta, aerea e ripida, con la sua caratteristica forma triangolare e siamo arrivati in vetta. La sosta per il panino e un piccolo riposo, per ammirare l’infinito panorama. Il Monte Petroso, il Monte Altare, il Monte Meta, Le Mainarde, il lago di Barrea, le valli, il Gran Sasso, la Maiella. Una riflessione è stata che, siccome i cervi si trovano anche sulla Maiella, quindi vicino la nostra residenza, “Chieti”, potremmo risparmiarci tanti chilometri per raggiungere le Mainarde ed i monti della Meta. Alcune settimane fa, gli organi di informazione, hanno riferito che un cervo era stato investito sulla strada transcollinare, che collega lo svincolo autostradale dell’A14, Pescara Ovest-Chieti, al capoluogo teatino. Era impossibile che questo cervo si fosse trasferito dal Parco Nazionale d’Abruzzo.
Nella prima metà degli anni novanta, nella Riserva Naturale della Valle dell’Orfento (comune di Caramanico Terme PE) e nella Riserva Naturale di Lama Bianca (comune di S.Eufemia a Maiella PE) nel parco Nazionale della Maiella, sono stati immessi per il ripopolamento 16 esemplari di Capriolo e 10 di Cervo. A distanza di venti anni, il loro numero sarà aumentato.
Il Cervo ha una conformazione che lo rende particolarmente adatto alla corsa ed alla vita negli spazi aperti. Presenta, infatti, considerevoli dimensioni corporee (185-210 cm il maschio e 150-180 cm la femmina) che lo rendono il più grosso erbivoro della fauna italiana. I Palchi dei cervi maschi (sono le appendici ramificate che si trovano sul capo di quasi tutte le specie appartenenti alla famiglia dei Cervidi), si rigenerano ogni anno, e nei cervi adulti sono di notevoli dimensioni con più ramificazioni e un numero variabile di punte. A volte questi animali possono arrecare danni anche enormi ai boschi. Con i palchi spesso scortecciano i tronchi.
Per scendere dalla vetta del Tartaro, ci siamo avviati verso un laghetto nella conca del Biscurri, dove secondo le nostre idee, potevano esserci i cervi. Abbiamo scelto questa variante su ripide pendenze, da percorrere con attenzione per la presenza di grossi massi. Infatti c’era un altro branco di cervi, ma meno numeroso dell’altro. Abbiamo attraversato un ghiaione morenico, con vistose tracce di glacialismo quaternario e su un terrazzo, un camoscio solitario ci ha osservato senza paura, lasciandosi fotografare, abituato alla presenza umana. Abbiamo raggiunto il Fortino Diruto (1.775 m) e riguadagnato il bosco. Siamo così arrivati alla piana di Campitelli.
Dislivello 850 m
Distanza 12 Km
Difficoltà EE
Tempo 6 ore senza soste
>>> I LETTORI: Luciano Pellegrini